Parliamo di cose serie. Un papà ce la mette tutta, si impegna per anni. Fin da quando sono piccolissimi, tenta di insegnare tutto il meglio di cui è capace ai suoi figli. Lo fa con l’esempio. Lo fa cercando di spiegare – anche – ma senza salire su un piedistallo. Lo fa offrendo loro le esperienze che, spera, lasceranno nelle loro anime un seme. E così, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Intanto, il papà osserva, prova a capire se la sua fatica sia compensata non solo dalla gioia quotidiana, ma anche dalla consapevolezza che i suoi figli siano sulla buona strada.
E poi, un bel giorno, devi fare i conti con la realtà: tuo figlio ascolta la trap.
“Papà, posso ascoltare Rondo?”
“Chi?”
“Rondo”
“E chi sarebbe?”
Ecco, questi i primi momenti fatali. E poi, veloce come uno speed metal, la dura realtà si impone: Rondo, Neima Ezza, Baby Gang… a altri di cui, scusate, non ho afferrato il nome. Nella mia mente vedo John scuotere la testa, Jimi lanciare la chitarra e andarsene, David e Roger abbattere il muro, ma di casa mia, questa volta. Lucio, Vasco, Fabrizio, addio, scusate, ho fatto il possibile.
E niente, i ragazzini lo fanno. Fabrizio ha dieci anni, è a pieno diritto – viso l’andazzo anagrafico di questi anni – un ragazzino. E quindi gli piace la trap. Tocca ascoltare. Prima reazione: Fabri, ma non si capisce quello che dicono. Lapidaria risposta: io capisco. Dopo un po’ capisco anch’io, quando la mie orecchie si abituano a destreggiarsi nell’autotune.
I testi sono pesanti, violenti. Linguaggio gergale, vita di strada. Non lo so se a 10 anni vada bene quella roba lì. Poi però penso che quando ne avevo 12 mi dicevano che quei cantanti che io amavo mi avrebbero insegnato a drogarmi. Mai fumato una canna. Li ascoltiamo anche un po’ insieme, Fabri, che ne dici? (Ecco, l’insopportabile paternalismo si è fatto strada ma, d’altronde, essendo io un padre, ci sta…).
Nel frattempo, mentre tutto questo accade, accade davvero, Francesco è chiuso in camera a picchiare sull’elettrica. Escono fuori riff distorti di Metallica, Iron Maiden, Panthera, System of a Down. Già mi sento più a mio agio. Lui è per il metal. Lo ascolta e lo suona. Ci si sta appassionando davvero. Magari, Franci, non indossare proprio sempre magliette con i teschi, ma per il resto va bene così.
Qualche giorno fa mi dice: “Cavolo, papà, hai visto che vengono i Metallica in Italia? Al Firenze Rock”. Fingo distrazione… “Ah, non sapevo…”
-Sarebbe bello andarci… costa un po’…
-Quanto?
– ******
-Apperò…
Dieci minuti dopo Francesco sta mandando messaggi a destra e a manca: “VADO AL CONCERTO DEI METALLICA!!!!!”
Con Fabrizio, invece, andiamo spesso a passeggiare suoi luoghi dei suoi idoli trapper. Caso vuole che abitiamo in zona San Siro (Zona Sette, dicono tra loro, aprendo la E a dismisura, che sembra quasi una A). A cinquecento metri da casa c’è quel piazzale Selinunte diventato teatro quasi mitico delle scorribande raccontate nelle “canzoni” e pure di qualche fatto di cronaca.
Capita di passarci in auto. Fabri si sporge dal finestrino, vede i ragazzi con i tagli di capelli giusti e quell’abbigliamento lì, ma anche i bambini scalzi nel giardinetto, i vecchi stanchi sulle panchine, i capannelli di uomini che stanno lì, fermi, a volte hanno delle bottiglie di birra in mano o posate sul marciapiede. In mezzo al piazzale c’è un presidio mobile di Emergency. Fabri osserva, ripassa mentalmente i testi dell’ultimo album che ha ascoltato su Spotify.