Difficile quantificare quanti lavoratrici e lavoratori saranno coinvolti da subito dalla fine del blocco dei licenziamenti. Probabilmente tra le decine e alcune centinaia di migliaia di posti a rischio. Sicuramente i 55mila delle 85 aziende che hanno aperto un tavolo di crisi al Ministero dello Sviluppo Economico. Tra queste aziende chi ha già deciso di chiudere si muoverà probabilmente in tempi rapidissimi, come la Whirlpool.
Per altre resta aperta la possibilità di ulteriori 13 mesi di Cassa COVID senza oneri, ma difficile dire quante vi ricorreranno su base volontaria. Certamente a rischio sono le migliaia dell’automotive, uno dei settori ancora in difficoltà su cui si ipotizzava una deroga, poi scartata, come per il tessile. Ma potenzialmente a rischio sono buona parte di industria e manifattura, molto dipenderà dai processi di ristrutturazione, di che tipo e con che velocità, decideranno di mettere in atto le imprese.
Anche nell’edilizia, dove la ripresa è più evidente, la partita più che sulla quantità è sulla qualità di lavoro -contratti e retribuzioni – che le imprese sceglieranno di usare. Fermo restando che il grosso dei numeri arriverà in autunno con la fine del blocco nel settore dei servizi.
È in quel periodo che potrebbero concretizzarsi anche gli altri licenziamenti, che non inizieranno da subito: dal 1° luglio infatti potranno aprirsi le procedure di licenziamento collettivo, che tra pratiche e tentativi di conciliazioni dureranno comunque mesi. Probabile dunque che per l’estate, alle procedure che si apriranno, continueranno i licenziamenti individuali nei casi consentiti per legge. Già durante il blocco dei licenziamenti sono stati quasi 400mila i licenziamenti effettuati, oltre ai quasi un milione di contratti a tempo e collaborazioni non rinnovate.