Domenica, il secondo turno delle elezioni regionali e provinciali francesi ha chiuso, senza grandi scombussolamenti sulla carta, l’ultima tornata elettorale prima delle presidenziali. Un voto che è stato segnato da un nuovo record di astensione: il 65,7% degli aventi diritto non è andato alle urne. Una percentuale che arriva al 79% tra chi ha meno di 35 anni. Gli altri, principalmente gli ultra settantenni, hanno premiato le amministrazioni uscenti. La destra, infatti, ha conservato sette regioni, la sinistra ne ha tenute cinque e prese due oltremare, mentre l’estrema destra del Rassemblement National non è riuscita a strapparne nemmeno una agli avversari e si conferma come uno dei gradi perdenti dello scrutinio. Insieme, come titolano Le Monde e Le Figaro, al partito del presidente della Repubblica, LERM, che non riesce a creare una base elettorale locale.
Per Marine Le Pen, quella di domenica è chiaramente una sconfitta. Il partito perde voti rispetto al 2015 e anche alcune province. Persino in PACA, dove era arrivato leggermente in testa al primo turno, gli elettori RN non sono andati a votare e il fronte repubblicano ha fatto il resto. Anche le speranze di fare un buon risultato in Ile de France, con il giovane e mediatico eurodeputato Jordan Bardella, sono evaporate come neve al sole. Un problema per la Le Pen, che già lo immaginava alla testa del partito mentre lei si concentrava sulla presidenziale. Per la prima volta, l’RN deve fare i conti con l’astensione e constatare il fallimento della strategia politica che puntava su dei candidati provenienti dalla destra tradizionale, che alla fine lo batte ovunque. Potrebbe essere una conseguenza del processo di normalizzazione del partito, che lo rende “uno tra i tanti” anche per gli elettori più radicali. O un effetto del poco interesse che le elezioni regionali suscitano tra i francesi, anche quelli di estrema destra. In ogni caso una sconfitta alle regionali, ricorda Libération, non vuol dire che la Le Pen sia fuori gioco per la presidenziale.
Visto il livello di astensione, due elettori su tre non hanno votato, anche chi ha vinto la tornata elettorale ha di che preoccuparsi. A sinistra, ad esempio, si tira un sospiro di sollievo per il buon risultato ma i problemi non mancano. Intanto perché le coalizioni non sembrano funzionare a dovere. A parte alla Réunion e in Guyana, in Francia metropolitana l’unione delle sinistre non ha permesso di guadagnare voti né di strappare regioni alla destra. I Socialisti ne hanno già approfittato per far notare che è grazie ai loro candidati che si è riusciti a mantenere lo status quo e rilanciano l’idea di una coalizione a guida PS per le presidenziali. A meno di un anno dal voto, l’impressione è che la sinistra mantenga le posizioni (e non è poco visto il contesto) ma che non abbia lo slancio e la strategia giusta per puntare più in alto.
Altro problema, tutti i politici speravano di avere, dopo il voto, un quadro più chiaro della strategia per il 2022. Ma, sarà stato il Covid, il fatto che la gente avesse più voglia di andare in giro che ai seggi dopo mesi di restrizioni, la scarsa conoscenza dei compiti di Regioni e Province e il disinteresse per le elezioni locali, o ancora la sfiducia generalizzata nei politici. Fatto sta che quella speranza si è schiantata sul muro dell’astensione che ha rimescolato le carte.
Foto | Il presidente Macron