I risultati dei ballottaggi ci portano in una nuova fase politica. Il Movimento Cinque Stelle vince e si propone come l’unico antagonista in grado di insidiare seriamente Matteo Renzi. Il Pd perde. Una sconfitta senza attenuanti, che non si tramuta in una vera e propria débâcle solo grazie alla vittoria di Giuseppe Sala a Milano.
Una vittoria sulla quale il presidente del Consiglio non potrà però mettere il cappello. Da una prima analisi dei risultati, sembra evidente come il centrosinistra rimanga a Palazzo Marino grazie al ritorno al voto di una parte degli astenuti di sinistra del primo turno e grazie ai voti di Basilio Rizzo e dei radicali di Marco Cappato che, pur di non lasciare la città in mano alla destra, hanno deciso di appoggiare l’ex commissario straordinario per Expo.
La destra subisce una forte battuta d’arresto. Tra il primo e secondo turno, le due formule proposte da quel fronte politico, antagoniste tra di loro, la Lega lepenista di Matteo Salvini e la coalizione moderata di Stefano Parisi, sono state entrambe bocciate. In più si è verificato un fenomeno significativo. Gli elettori di destra a Roma e a Torino hanno aiutato i Cinque Stelle a conquistare il Comune in nome dell’antirenzismo, ma a Milano i voti del movimento non sono stati fatti convogliare su Parisi, che infatti è rimasto al palo.
Quello che comunque imnpressiona nella vittoria dei Cinque Stelle è la sua nettezza numerica e politica. Un dato sul quale Matteo Renzi farà bene a riflettere. La sua strategia dovrà ora cambiare perché se questo voto non è stato un avviso di sfratto, poco ci manca. L’autosufficienza elettorale del Pd appare ormai un lontano ricordo; l’appeal di Renzi sull’opinione pubblica è pesantemente scemato. Se Matteo Renzi non vorrà essere mandato a casa con il referendum del prossimo ottobre dovrà cambiare passo.