L’articolo e le interviste sono stati realizzati poco prima della notizia dell’uccisione della deputata laburista britannica Jo Cox. – La redazione
Il 23 giugno i britannici devono decidere se restare o lasciare l’Unione Europea.
Non è la prima volta. Già nel 1975 andarono al voto sull’adesione di Londra alla Cee (Comunità Economica Europea), avvenuta nel 1973. Vinserò i sì col 67% dei voti.
Quarant’anni dopo c’è un ancora un referendum, ma tutto il resto è cambiato. La consultazione di oggi pone molti interrogativi. Abbiamo provato a riassumerli in tre grandi questioni.
- Gli schieramenti interni alla Gran Bretagna
Chi ha voluto il referendum del 23 giugno e perché? Come sono schierati i principali partiti? Perché sindacati e industriali sono contrari all’uscita dall’Ue?
David Ellwood, esperto di relazioni internazionali della Johns Hopkins University di Bologna.
- Il ruolo della finanza
E la City di Londra, come “vota” al referendum del 23 giugno? Il Financial Times, il quotidiano finanziario della City, in un editoriale del 15 giugno scorso ha espresso il suo orientamento: “la Gran Bretagna – ha scritto – dovrebbe votare per la permanenza nell’Unione Europea”.
Alla City di Londra lavora da alcuni anni l’economista Alberto Gallo, oggi gestore e capo delle strategie macro di Algebris, il fondo guidato dal finanziere amico e sostenitore di Renzi, Davide Serra.
- Le conseguenze sull’Europa
In caso di vittoria dei sostenitori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue cosa succederà? Quanto durerà la trattativa tra Bruxelles e Londra per certificare la separazione? E poi: l’Europa senza la Gran Bretagna accelererà il passaggio ad un’unione a più velocità?
Piervirgilio Dastoli insegna politiche ed istituzioni dell’Unione europea all’Università Roma-Tre. Cosa succederà se vince la Brexit?