E’ stato uno dei sindaci “arancioni” della stagione 2011-2012. Massimo Zedda era stato eletto cinque anni fa sindaco di Cagliari al ballottaggio. In queste ultime comunali si è ripresentato ed è riuscito a vincere addirittura al primo turno.
Di arancione Zedda conserva la sua provenienza politica (Sel) e la scelta di guidare un’alleanza “larga” di centrosinistra: Pd, Sel, Rifondazione comunista, Centro democratico con l’inclusione del Partito sardo d’azione (in passato al governo anche con la destra). Un’alleanza forse troppo larga, dicono i critici da sinistra del sindaco-bis.
«Il Partito sardo d’azione – replica Zedda – ha una tradizione nel campo del centrosinistra. C’è stato un passaggio al centrodestra, ma io ho salutato con favore il fatto che il Partito sardo d’azione sia ritornato a casa».
A distanza di cinque anni, la stagione dei sindaci arancioni si è conclusa? Pisapia non si è ricandidato. Doria non ha ancora deciso, anche se manca meno di un anno alle prossime elezioni a Genova.
«Penso di no», risponde Zedda. «Il centrosinistra, nella forma che abbiamo conosciuto nel passato, governa tante Regioni e tante città in Italia. Non so cosa farà Marco Doria a Genova. So, però, che non bisogna disperdere questo patrimonio di unità fondato sulle cose, su risultati da consegnare alle nostre comunità. E’ questo l’elemento fondamentale. Ci si è ritrovati insieme e si è riusciti a stare insieme perché abbiamo lavorato per le nostre comunità. Mi auguro che l’esempio cagliaritano, così come è stato definito, e ciò che è accaduto nel 2011-2012 con tanti sindaci che si sono affermati in Italia, possa ripetersi a partire da dopo i prossimi ballottaggi».
La stagione dei sindaci arancioni, però, non ha riguardato tutte le giunte di centrosinistra, ma solo una parte di esse: gli “arancioni” erano Pisapia, De Magistris, Doria e lei. Passiamo oltre, sindaco Zedda, e arriviamo fino al dicembre 2015. Sei mesi fa lei, insieme a Pisapia e Doria, lanciò un appello per l’unità del centrosinistra con una lettera pubblica indirizzata al direttore di Repubblica. “E’ indispensabile – era scritto in quella lettera – ripartire dalle forze politiche che, insieme al civismo autentico, compongono in gran parte d’Italia il centrosinistra (…) Quelle forze sono principalmente il Partito Democratico, perno e componente maggioritaria, e Sel”. Era un progetto politico nazionale, sindaco Zedda. E’ ancora praticabile, oggi?
«A mio parere, sì. Anche se non è facilissimo. Proprio ieri ho parlato con Giuliano Pisapia. Ero a Milano per sostenere Sala in un dibattito pubblico insieme all’attuale sindaco. Dopo quel dibattito, ci siamo trattenuti a parlare io e Pisapia e abbiamo discusso proprio di questo. Non bisogna disperdere questo patrimonio, come avevamo scritto nell’appello. E da lì riprenderemo».
Le cose, però, sia a livello nazionale che locale, sembrano andare in un’altra direzione rispetto a quell’appello. Non crede, sindaco Zedda?
«Indubbiamente, sì. Non è facile, ma a noi piacciono le sfide non semplici. Siccome ci crediamo, penso che non sia opportuno arrivare alla frammentazione, frantumazione, rottura definitiva e all’impossibilità di dialogo. Credo, invece, che ci debba essere un lavoro nella direzione opposta. Si tratta di ricucire, di ricomporre le forze attorno a un progetto per le nostre città, le Regioni e per il Paese. Detto questo, sarà fondamentale anche l’atteggiamento della sinistra e del Pd. Tengo a precisare, però, che laddove ci siamo presentati, per esempio a Cagliari, va bene. Va bene il Partito democratico e tutte le liste di sinistra. Se mettiamo insieme il dato di Sel con quello delle altre forze politiche, indubbiamente di sinistra, arriviamo a percentuali importanti, sopra il 10 per cento. Non è un aspetto da sottovalutare».
Quella vostra lettera, sindaco Zedda, fu definita dall’allora direttore di Repubblica Ezio Mauro il segnale dell’apertura del congresso del Pd. Sembrava un eccesso, visto che nessuno dei firmatari, né lei né Pisapia né Doria, era un esponente del Partito democratico. In realtà, il vostro era un progetto politico alternativo non tanto al Pd, quanto al Pd guidato da Renzi. Era così, anche secondo lei? Potrebbe esserlo ancora oggi?
«Non lo so se fosse esattamente così e se lo sia oggi. So che il dibattito su quel che bisogna fare nel paese interessa tutti, non solo una parte. Se questo poi porti ad una riflessione, ad un ripensamento, ad un dialogo anche il Pd, io me lo auguro. Vedremo sicuramente dopo i ballottaggi cosa accadrà. Alcune letture critiche di quella lettera ci descrivevano come in dirittura d’arrivo verso il Pd. Non è così. Non entriamo nel Pd, ma vorremmo dialogare con il partito democratico. Mi sembra una posizione seria, mentre poco serio è accusare gli altri di tradimento».
Ultima domanda, Zedda. Nei ballottaggi di domenica prossima chi rischia di più? Rischia di più il progetto di Renzi? Rischia di più il vostro progetto?
«Penso – dice il sindaco di Cagliari – che i cittadini siano consapevoli per chi e per che cosa si vota. In questo caso sono elezioni amministrative e i cittadini scelgono chi deve amministrare la loro città. Non trovo opportuno caricare questo voto di eccessivo peso politico. A rischiare, a seconda delle scelte sbagliate, sono i cittadini delle comunità. Ad esempio, leggo di alcune prese di posizione a Roma sulle olimpiadi. Li invito ad una riflessione su questo tema. Credo che le olimpiadi siano un’opportunità per Roma e per chi amministra quella città. Si può dimostrare di essere non un popolo che viene definito “mafia e spaghetti”, ma un popolo di “poeti, navigatori, santi e….buoni amministratori”. Le olimpiadi – conclude Massimo Zedda – sono un’occasione anche per Cagliari, visto che noi siamo inseriti nel dossier olimpico per la vela. Ed è un’occasione anche per il Paese».
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