Nelle scorse settimane, nelle strade di Belfast e di altre città nord-irlandesi, ci sono stati i più gravi disordini degli ultimi anni. Scontri tra giovani cattolici e giovani protestanti, con ripetuti attacchi anche alla polizia. Decine di agenti sono rimasti feriti.
La primavera del 2021 ha ricordato a tutti quando siano delicati e difficili i processi di pace e di riconciliazione, anche in una regione come l’Irlanda del Nord dove formalmente la guerra è finita da più di 20 anni, dal 1998. La crisi economica e la Brexit hanno infatti riaperto ferite recenti.
Non siamo negli anni settanta, ottanta, novanta, il periodo dei Troubles, i Disordini, ma la cultura della violenza è ancora presente e la situazione è grave.
Bene, in tutto questo la storia è importante, molto importante.
Proprio in questi giorni cade il centenario della creazione del Nord Irlanda, della divisione dell’isola d’Irlanda, era il 3 maggio 1921. Poche settimane dopo, nel giugno del 1921, fu lo stesso re Giorgio V a inaugurare il nuovo parlamento di Belfast.
Quello che successe in quegli anni avrebbe segnato il destino del Nord Irlanda fino a oggi.
Durante e poi subito dopo la Prima Guerra Mondiale gli irlandesi provarono per l’ennesima volta a staccarsi dall’Impero Britannico. Prima la rivolta di Pasqua del 1916 poi la Guerra d’Indipendenza tra il 1919 e il 1921.
Il governo britannico pensò che la soluzione potesse essere la divisione dell’Irlanda. Uno stato indipendente a sud e una regione che sarebbe rimasta con il Regno Unito a nord, quella dove vivevano i discendenti dei coloni inglesi e scozzesi, in sostanza la comunità protestante. Questa soluzione diventò legge nel 1920 ed entrò in vigore l’anno successivo, il 3 maggio 1921.
La Guerra d’Indipendenza andò avanti fino all’estate di quello stesso anno, quando governo britannico e indipendentisti irlandesi raggiunsero un accordo. I leader della rivolta, guidati da Michael Collins, accettarono la divisione del loro paese che gli venne presentata come una soluzione temporanea, ma il passaggio fu così divisivo che provocò una guerra civile in Irlanda (1922-1923).
Il Nord Irlanda invece, disegnato sulla base della demografia, divenne uno stato protestante per la comunità protestante, che in un unico stato irlandese sarebbe stata una minoranza. I cattolici, maggioranza al sud, rimasero così in minoranza nelle sei contee che andarono sotto il nome di Ulster.
Seguirono diversi tentativi di spezzare lo status quo, il più importante alla fine degli anni ’60, quando in Irlanda del Nord cominciò una vera e propria guerra tra cattolici e protestanti, questi ultimi supportati dai britannici.
Gli Accordi del Venerdì Santo, nel 1998, misero fine al conflitto armato, portarono al disarmo dei gruppi paramilitari e stabilirono che in futuro sarebbe stato possibile tenere un referendum sulla riunificazione dell’isola d’Irlanda. Questo è un passaggio che oggi è molto importante.
L’intesa prevede che la consultazione popolare sia possibile solo in presenza di chiare indicazioni di un eventuale esito positivo, in sostanza solo quando sia possibile ipotizzare che la maggioranza dei nord-irlandesi voterà a favore.
L’ultimo censimento è in corso proprio quest’anno. Finora i protestanti sono sempre stati la maggioranza ma la tendenza si potrebbe invertire. Senza dimenticare poi che ormai non tutti si auto-definiscono solo cattolici o protestanti, cioè considerando solo le due principali comunità nord-irlandesi. Questo perché la percezione della propria identità da parte dei cittadini sta cambiando.
Oggi siamo nell’era della Brexit, che in Nord Irlanda ha riaperto ferite profonde.
Dopo gli accordi del 1998 l’Irlanda – nord e sud – divenne un unico sistema economico e il confine del 1921 un confine sostanzialmente invisibile. Per evitare di renderlo nuovamente visibile, mettendo a rischio gli accordi del 1998, Londra e Bruxelles hanno concordato di spostarlo nel Mare d’Irlanda, quindi tra Irlanda del Nord e resto il del Regno Unito, l’isola britannica. Così è scritto nel Protocollo per l’Irlanda del Nord allegato all’accordo sulla Brexit del 2019.
In quanto parte del Regno Unito questa regione è ovviamente uscita politicamente dall’Unione Europea, ma ha mantenuto uno status diverso, particolare, che la mantiene invece legata all’Europa dal punto di vista commerciale. Una soluzione che la comunità protestante non ha mai accettato, e per la quale accusa Boris Johnson di tradimento. I politici unionisti e protestanti continuano a chiedere che quel Protocollo venga cancellato.
I protestanti arrivano quindi al centenario di uno stato creato per loro confusi e spaventati da una possibile riunificazione dell’Irlanda, anche se non immediata.
I cattolici nazionalisti hanno invece ricordato che nel centenario della creazione dell’Irlanda del Nord non hanno nulla da festeggiare.
Peso della storia, scelte politiche sbagliate, strumentalizzazioni delle identità nazionali, cultura della violenza. Un mix pericoloso che rende imprevedibile il futuro di questa regione.