Chiariamolo subito: no, non è limitazione della libertà di pensiero. Perché quella che si chiede di limitare si chiama apologia di fascismo. Che è un crimine.
È un crimine la commemorazione di Sergio Ramelli, perché con la scusa di ricordare un giovane (missino) ucciso nel 1975 si porta in scena ogni anno un’ignobile accozzaglia di braccia tese, di teste rasate, di slogan neofascisti e di “presenti” urlati a squarciagola.
È un crimine andare ogni anno a Dongo, coadiuvati da qualche prete collaborazionista che celebra pure una messa, per ricordare la fucilazione di Benito Mussolini e Claretta Petacci. Anche in questo caso con centinaia di militanti neofascisti in divisa squadrista, braccia tese, tatuaggi di croci celtiche e svastiche, insulti ai partigiani e a chi ci liberò dalla dittatura.
Vietare manifestazioni di questo tipo non è limitazione della libertà di pensiero, così come non lo è chiedere la chiusura di una pseudolibreria, come quella di Altaforte a Cernusco sul Naviglio, che dietro il paravento della cultura organizza incontri con picchiatori e neofascisti, ed è di fatto la sede, nemmeno tanto mascherata, di Casapound.
A impedire manifestazioni di questo tipo, criminali, dovrebbero pensarci le istituzioni democratiche e antifasciste nate dalla Resistenza. Ma troppo spesso non lo fanno. E allora forse sarebbe il caso che a organizzarsi, in maniera militante, siano i cittadini, democratici e antifascisti, che nei valori della Resistenza e della Costituzione si riconoscono.
E che nessuno parli di limitazione della libertà di pensiero. L’apologia di fascismo è un crimine, che come tale va trattata. E sentire i nipotini (più o meno pentiti) di chi zittiva a colpi di manganello chi la pensava diversamente, riempirsi la bocca di termini come libertà e tolleranza, farebbe sorridere, se non fosse una questione maledettamente seria.