Non si pass. Per adesso il certificato verde, o green pass, c’è ma non si vede.
Tutto ok per i pochi fortunati che sono vaccinati, a loro la certificazione viene rilasciata in automatico. Ma, appunto, qui il problema è a monte: avere il vaccino. Il tampone 48 ore prima non serve a nulla da un punto di vista sanitario, bisogna pagarlo perché, se non è necessario, col servizio sanitario non si può fare, ma anche qui almeno carta canta.
I problemi aumentano per chi, come il sottoscritto, dal COVID è guarito. Dopo 40 giorni di quarantena mi merito ben una vacanza. E voglio proprio andare in Puglia, che è arancione. Ma come posso fare? Chiamo colui che me lo dovrebbe rilasciare, il medico di base. Che mi risponde che per ora il certificato non c’è, e quindi basta esibire l’ultimo tampone che certifica la negativizzazione. Che bello, tutto così facile.
Ma sono un cittadino scrupoloso, e per sicurezza chiamo l’ATS Lombardia.
Al numero verde COVID con grande naturalezza mi dicono che sono in attesa di indicazioni, e che non appena arriveranno le daranno ai medici di base e spiegheranno ai cittadini come ottenere il lasciapassare per una spiaggia proibita.
Mi viene qualche sospetto, e sfrutto la mia agenda di giornalista. Il presidente dell’ordine dei medici di Milano mi conferma che anche loro hanno scritto ad ATS e che ATS gli ha risposto lo stesso: daranno indicazioni. Quindi per ora loro non rilasceranno alcun certificato per due ragioni: non sanno esattamente cosa fare, ma soprattutto il suddetto certificato sarebbe fuori dalla convenzione tra SSN e medici di base. Quindi me lo dovrei pagare! Un po’ di eguaglianza con il tampone, almeno. A meno di essere fortunati ed avere un medico di base che chiuda un occhio, e il portafoglio.
Vediamo cosa dice chi mi ci dovrebbeve trasportare, in vacanza. Trenitalia mi fa sapere che al momento l’accesso ai treni COVID free, come e il Milano-Roma, avviene esclusivamente previo tampone entro 48 ore, e non c’è certificato che tenga. Sugli altri treni, accesso comunque libero. Passando all’aereo, una nota low-cost chiede un’autocertificazione, green pass inutile anche qui.
Visto l’insuccesso col punto di partenza, proviamo con la destinazione. Chiamo la questura di Bari, dove il gentile centralinista mi passa l’ufficio delegato, che però suona a vuoto. Proviamo con la prefettura, che nella pagina dell’ufficio delle relazioni col pubblico riporta 4 numeri di telefono, peccato che nessuno sia funzionante.
Lasciamo stare il mare, proviamo col Monte Rosa, anzi, arancione, della Valle D’Aosta. La prefettura mi rimanda ad un apposito numero verde della protezione civile dove una gentilissima operatrice ascolta pazientemente il mio caso. Mi fa notare innanzitutto che autocertificare una condizione di salute è illegale, che sarebbe perfettamente inutile portare solo l’ultimo tampone negativo come mi ha detto il mio medico di base, quindi dovrei implorarlo di scrivere le quattro righe in cui mi dice che sono guarito da COVID, appellandomi, come alla corte, alla sua clemenza, oppure potrei girare con la pila dei miei 6 tamponi, in serie dal positivo al negativo per dimostrare che sono stato malato e poi guarito.
Non mi garantisce però che il tutore dell’ordine, in caso di fermo, non mi rinchiuda in un ghiacciaio per aver tentato di fregarlo. Mi suggerisce quindi di chiamare le forze dell’ordine. La questura oggi è chiusa, quindi vado direttamente al comando dei carabinieri. L’appuntato che mi risponde non solo è gentilissimo, ma è anche rigoroso e sincero. Mi dice che la legge parla di certificato e quindi certificato dev’essere. Per quel che riguarda la mazzetta (di referti), sarei nelle mani del collega che mi ferma, ed al suo grado di puntiglio sulle questioni burocratiche. Cosa farebbe lei? Gli chiedo. Le direi di aspettare a venire in montagna, mi risponde.
Sconsolato come Asterix alla ricerca del lasciapassare A38, mi arrendo all’idea di piantare una tenda all’idroscalo. Che tanto le previsioni dicono che piove. E non continuo oltre la frase.