Josep Borrell, Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea, ha detto che Mosca ha ammassato in Crimea e al confine con l’Ucraina oltre 150mila uomini. I numeri sono più alti di quelli dati nei giorni scorsi dallo stesso governo di Kiev.
La guerra nell’est dell’Ucraina, cominciata 7 anni fa, nella primavera del 2014, è rimasta per lungo tempo un conflitto congelato, ancora di più dopo l’ultimo cessate il fuoco, del luglio scorso. Nel 2021, invece, c’è stata una graduale e nuova escalation. Nelle ultime settimane sono ripresi gli scontri sulla linea del fronte, nel Donbass, e quasi in contemporanea Mosca ha spostato uomini e mezzi verso la frontiera ucraina.
Per quale motivo proprio adesso? Sicuramente il fatto che il primo accordo tra le parti del 2015, una specie di accordo di pace siglato a Minsk, non sia mai stato implementato non aiuta. Ma la decisione di Putin, che forse lui stesso chiarirà nell’annuale discorso sullo stato della nazione mercoledì prossimo, sembra soprattutto una risposta a mosse o prese di posizione soprattutto dell’Occidente e allo stesso tempo un messaggio a Stati Uniti e Unione Europea.
Nei mesi scorsi la Corte Europea per i Diritti Umani ha accolto un ricorso dell’Ucraina per la violazione dei diritti umani in Crimea, in ambito ONU Mosca è stata accusata di ostacolare la soluzione del conflitto nell’est dell’Ucraina, il presidente ucraino Zelensky ha chiesto nuovamente l’adesione alla NATO, Kiev ha bloccato ancora una volta media vicini alla Russia, e non da ultimo a inizio marzo il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, durante una visita alla linea del fronte nel Donbass, ha ribadito che in questa situazione Bruxelles manterrà le sanzioni alla Russia.
Il Cremlino sta quindi pensando a un’invasione dell’Ucraina? La maggior parte degli analisti russi lo esclude, anche se difficilmente Mosca starà a guardare nel caso ci fosse un grosso attacco contro le repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Oltretutto centinaia di migliaia di persone, in quelle regioni, hanno ormai il passaporto russo.
Ma l’obiettivo di Putin è quello di lanciare alcuni segnali molto chiari: il futuro dei paesi confinanti con la Russia e con un passato legato alla Russia – in sostanza quelli nell’ex-spazio sovietico – non può essere deciso dall’Occidente e in ogni caso a nostro svantaggio. Quindi la Russia c’è e non starà a guardare e al governo di Kiev non conviene intensificare le operazioni militari.
In questo senso la visita di Charles Michel che citavamo prima potrebbe essere stata letta come una provocazione. Da questo punto di vista le manovre militari di queste settimane sarebbero un grosso deterrente.
Poi c’è il probabile messaggio diretto all’amministrazione Biden. Meglio non adottare nuove sanzioni, perché noi siamo in grado di mettere in crisi gli interessi occidentali o comunque quelli di chi stringe alleanze con l’Occidente – la questione dell’adesione alla NATO da parte di Kiev. Da questo punto di vista il Cremlino vuole anche testare la Casa Bianca. Nei giorni scorsi Biden ha chiamato direttamente Putin.
Il messaggio potrebbe essere passato. Washington avrebbe infatti ritirato la richiesta di far passare dal Bosforo due navi da guerra da piazzare nel Mar Nero.
La questione rimane comunque molto delicata e ogni sviluppo è possibile. L’Europa sa bene, o dovrebbe sapere bene, che bisogna evitare provocazioni. I ministri degli esteri oggi non hanno adottato nuove sanzioni.
Le cancellerie europee, come in passato, non sono poi sempre sulla stessa linea. E tra i nodi c’è una questione che interessa la Germania, non un Paese a caso, la finalizzazione del North Stream 2, che dovrebbe portare il gas russo in Germania passando dal Baltico.