Tre condanne, una assoluzione, l’accusa di devastazione e saccheggio riconosciuta solo in un caso. Si è chiuso così il processo con rito abbreviato per i fatti del primo maggio 2015, il corteo No Expo e le violenze di una parte dei manifestanti che tentarono di sfondare la zona rossa a protezione del centro città.
Le pene sono tutte inferiori rispetto ai 5 anni e 8 mesi chiesti dal pm Piero Basilone.
L’accusa di devastazione e saccheggio è stata riconosciuta dalla giudice Roberta Nunnari solo per uno degli imputati, Andrea Casieri, condannato a 3 anni e 8 mesi. Ad altri due non è stata riconosciuta e sono stati condannati per resistenza a pubblico ufficiale, rispettivamente a 2 anni e 2 mesi e a 1 anno e 8 mesi con sospensione della pena. Un quarto imputato è stato invece assolto. Le motivazioni della sentenza arriveranno entro 90 giorni.
Soddisfatti i legali dei manifestanti, Eugenio Losco, Mauro Straini, Luigi Pelazza e Niccolò Vecchioni: “E’ stata riconosciuta la nostra tesi difensiva”, hanno commentato.
La Procura aveva puntato tutto sulla devastazione e saccheggio, reato eredità del codice Rocco, che prevede una pena massima fino a 15 anni di carcere, usato per esempio nel processo contro i No Global al G8 di Genova o per gli scontri dell’11 marzo 2006 in corso Buenos Aires a Milano.
Gli arresti erano scattati la mattina del 12 novembre 2015, pochi giorni dopo la chiusura di Expo, con le foto degli arrestati rilanciate da siti internet e giornali come succede nelle inchieste anti-terrorismo. Oltre ai quattro italiani erano stati arrestati anche cinque greci, sempre accusati di devastazione e saccheggio. Nei mesi scorsi la corte d’appello di Atene ha negato l’estradizione dei greci non riconoscendo questo tipo di reato. “La responsabilità collettiva non è riconosciuta nel diritto penale greco che contempla solo la responsabilità individuale”, scrissero i giudici greci nelle motivazioni della sentenza. Un fatto che depotenziò l’impianto accusatorio della Procura di Milano. Alla fine su dieci misure cautelari emesse per devastazione e saccheggio si è arrivati a una sola condanna per questo reato.
L’obbiettivo a cui punta la Procura è quello di arrivare alla regia dietro al cosiddetto blocco nero. Lo disse il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli il giorno degli arresti definendo però le indagini “difficoltose”. Romanelli in conferenza stampa quel giorno disse: “C’è stata una violenza organizzata molto bene, il blocco nero era composto da persone perfettamente travisate in modo quasi professionale”. Su questo livello delle indagini non ci sono al momento novità.
Il primo maggio 2015 altri cinque manifestanti vennero arrestati a margine del corteo e accusati di resistenza. Nei mesi scorsi hanno patteggiato la pena e in un caso l’imputato è stato assolto perché la testimonianza dei poliziotti non è stata riconosciuta credibile dai giudici, che hanno inviato le carte ai colleghi in Procura chiedendo di indagare su quattro agenti.
“La linea della Procura è stata fortemente ridimensionata”, dice uno dei legali dei manifestanti, Eugenio Losco.
Ascolta qui l’intervista integrale a Eugenio Losco: