A Milano circa il 70% degli alberghi sono chiusi.
La pandemia ha messo questo settore in ginocchio aprendo una crisi che coinvolge 25000 lavoratrici e lavoratori.
Queste sono solo alcune delle le loro storie:
Marco è stremato.
Non lavora da più di un anno.
Non si aspettava di vivere questo stato d’ansia e incertezza così a lungo.
Da quel giorno maledetto per lui e per i suoi colleghi sono iniziati i problemi.
Ha 32 anni e da 15 fa lo chef, è sempre stato il suo sogno, ha studiato per questo, dopo la gavetta ha scalato posizioni in cucina fino a vedere il suo desiderio avverarsi.
Ha sempre pensato che fosse un posto di lavoro sicuro: “le persone mangeranno sempre…” si diceva.
Non è andata così.
Vive solo con la cassa integrazione ma gennaio e febbraio non sono ancora stati pagati dall’ Inps.
Al fattore economico, (guadagna il 30 % al mese rispetto a prima), si è aggiunto quello psicologico, è depresso e soffre di attacchi di panico.
L’ultima volta che ha lavorato è stato Carnevale 2020, dopo il cenone ha dato una sbirciatina alla sala per “verificare” la soddisfazione dei clienti, quella era la sua gioia, ora cucina solo per la sua ragazza.
C’è tanta rabbia, delusione e poca speranza nel futuro, preferirebbe scadesse il blocco dei licenziamenti per prendere la buonuscita e accedere alla disoccupazione, un sussidio pagato puntualmente al posto del desiderio.
Negli alberghi oltre a chi cucina ci sono persone che si occupano dell’accoglienza clienti.
Matthieu ha 34 anni, conosce 4 lingue, è apprezzato e ha lavorato in diversi alberghi della città.
Guadagnava 1700 euro al mese più mance.
A lui e ai suo colleghi la cassa integrazione è sempre arrivata puntualmente, anticipata provvidenzialmente dal datore di lavoro ma dimezzata, è separato con una figlia di 9 anni, questo lo ha spinto a cercare un doppio lavoro: fa il manovale in nero a 8 euro l’ora per 20 ore a settimana.
È frustrato sia emotivamente che economicamente, spera di ricominciare a lavorare prima possibile ma niente è certo, forse ci sarà una ripresa graduale, non più di 3 giorni a settimana… forse…
Gravemente penalizzate, anche per la disparità di genere, le donne, numerose negli alberghi come cameriere.
Molte di loro assunte da cooperative in appalto esterno, tra loro c’è Giovanna.
Protagonista di una storia di coraggio e dignità.
Vive sola con una figlia e lavora da sei anni in un albergo a nord della città.
Ha un contratto part time da 5 ore al giorno per 5 giorni, guadagna 930 euro compreso l’assegno famigliare.
Da marzo è a casa, escludendo una piccola finestra tra agosto e ottobre.
È in Cassa integrazione al 100 % e il suo sussidio si aggira intorno ai 600 euro.
La Cooperativa non le ha mai anticipato nulla e ha subito i soliti ritardi dell’Inps.
L’’ultimo supporto al reddito è datato 26 dicembre 2020. Tre mesi e mezzo di arretrati!
Per pagare utenze e affitto ha dato fondo ai suoi risparmi, ha usato i bandi offerti dal Comune di residenza e qualche volta non ha pagato l’affitto per la comprensione e solidarietà dei proprietari.
Anche se allo stremo non ha cercato un altro lavoro dovendo seguire sua figlia con le lezioni a distanza.
È un disastro economico e mentale.
Secondo lei lo Stato dovrebbe prevedere anche un sostegno psicologico, non ce la fa più, anche se è una donna forte e orgogliosa piange di nascosto.
Giovanna a differenza di altri è più ottimista, si incoraggia da sola, un futuro migliore ci sarà per vivere con dignità e valore, per riacquistare sicurezza economica ed emotiva, ha ragione, se non speri in un progetto di rinascita rischi seriamente di toccare il fondo e non rialzarti più.