Il primo post di questo blog si intitolava “Non di priorità, ma di civiltà”. Parlava di antifascismo e della necessità, più per un gesto di civiltà che di priorità (anche se personalmente ritengo la questione prioritaria), di approvare una legge che metta fuorilegge e punisca chi fa propaganda neofascista (anche attraverso i social network o con gadget).
Assistere al dibattito nel consiglio regionale lombardo sulla proposta di legge a firma del consigliere del Movimento5stelle Simone Verni, che prevede pene per i reati a sfondo omotransfobico, mi ha fatto pensare alla stessa cosa: che l’approvazione di una legge di questo tipo sia un fatto di civiltà per la nostra società. Che poi la discussione era semplicemente su che cosa intenda fare Regione Lombardia per contrastare i sempre più frequenti atti di omotransfobia che avvengono, anche nella nostra regione.
Ma se a Roma (col governo dei migliori, con dentro pure la Lega) sembra al momento impossibile l’approvazione della legge Zan, in Regione Lombardia (dove la Lega ha un ruolo dominante, affiancata dai suoi alleati) un qualsiasi provvedimento in questo senso appare pura utopia. Perché, in Parlamento come al Pirellone, è la solita storia. La Lega blocca ogni tentativo di portare avanti una proposta di civiltà.
In consiglio regionale ne abbiamo avuto l’ennesima controprova. Non che ci si aspettasse altro da una forza retriva e reazionaria come la compagine salviniana. Ma sono le motivazioni che fanno forse ancor più inorridire. L’assessora Alessandra Locatelli, così come a Roma i suoi colleghi parlamentari, ha sciorinato la solita tiritera per dire che no, finché governano loro una legge che punisca l’omotransfobia non verrà mai approvata. Il paradosso è che tra le giustificazioni ha addotto quella che non c’è un riferimento normativo nazionale. Che, se non fosse per l’opposizione della Lega (a dire il vero in questo frangente in abbondante e pessima compagnia) ci sarebbe. Ma ancor peggio è stato quando ha detto che in questo momento ci sono le donne maltrattate, i disabili bullizzati, le categorie produttive in difficoltà. Insomma, le priorità sono altre. Come se approvare una legge che punisca atti omotransfobici sia in contrasto con operazioni contro la violenza sulle donne, il bullismo, o dei concreti aiuti alle categorie più in sofferenza.
Cito il pensiero della mia amica Angela, che di lotte per la libertà delle persone lgbt ne sa qualcosa, visto che ha vissuto sulla sua pelle la discriminazione e nonostante questo non si è mai arresa: “Prevenire, contrastare, sostenere: tre verbi che, se attuati, scardinerebbero quelle visioni bigotte, così radicate nella società italiana, come un uragano estivo. Essi spazzerebbero via chi afferma che la legge Zan limiterebbe “il diritto di espressione” (certo, in sostanza, vorrebbero essere liberi di gridare “frocio di merda” al primo omosessuale per strada, oppure dare dell’handicappato come offesa poiché lo ritengono un indice di libertà), o chi, come il parroco di Lizzano, organizza veglie di preghiera perché, a suo dire, sarebbe un’insidia che minaccia la famiglia. Pregassero, come invita la sindaca di Lizzano, contro i femminicidi, le violenze domestiche, le spose bambine; celebrassero una messa in suffragio per le anime dei disperati che giacciono in fondo al Mediterraneo, o per le tante vittime innocenti di abusi! Non è un capriccio questo. Si chiama giustizia sociale e desiderare che nessuno violi il principio di eguaglianza e leda i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana. Una modernizzazione culturale del Paese può solo portare beneficio alla democrazia, perché quando crescono i diritti, avanziamo tutti noi e avanza la libertà di scegliere la propria vita”.
In realtà, la vera ragione della contrarietà leghista a qualsiasi atto che punisca reati omotransfobici è che una forza razzista come la Lega mai metterà la sua firma su un testo che vuole lanciare un segnale di civiltà. E forse farebbe una miglior figura ammettendolo, invece che continuando a nascondersi dietro alle scuse delle priorità. Perché basterebbe guardare i numeri delle aggressioni a sfondo omotransfobico in Italia per capire che una legge che punisca tali atti è una priorità. Mentre per capire che è una questione di civiltà, non servono nemmeno quei numeri, basta molto meno. Che non tutti hanno però.