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Il vaccino di Johnson & Johnson finisce in standby, l’avvertimento degli ospedali sulle riaperture e le altre notizie della giornata

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Il racconto della giornata di martedì 13 aprile 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Gli USA bloccano il vaccino di Johnson & Johnson dopo alcuni casi di trombosi da verificare e anche l’Italia ne mette in pausa l’utilizzo nel giorno in cui sono arrivate le prime dosi. Dagli ospedali arriva l’avvertimento dei sanitari, che in una nota congiunta dell’intersindacale medici, mettono in guardia da riaperture anticipate. La comunità musulmana di Piacenza ha finalmente ottenuto il riconoscimento che voleva. A un mese dalla discussa intervista in cui il presidente USA Joe Biden definì Vladimir Putin “un killer”, i due Paesi tentano un dialogo. Il governo giapponese, intanto, ha deciso che le acque contaminate della centrale di Fukushima saranno riversate nell’Oceano Pacifico. Il cinema Azzurro Scipioni salvato da uno sponsor: la Banca BNL BNP Paribas. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

Quali conseguenze avrà il ritardo di Johnson & Johnson in Italia?

Il ritardo di Johnson & Johnson rischia di impattare molto in Italia perché il governo punta su quel prodotto.
Draghi aveva detto che sì, il vaccino di J&J è strategico per fare decollare una campagna di vaccinazioni che non sta procedendo come nelle promesse del governo. L’obiettivo delle 500mila vaccinazioni al giorno viene rivisto al ribasso. Quali conseguenze potrebbero esserci? Davide Manca, del Politecnico di Milano:


 

(di Anna Bredice)

Dal CTS arriva la notizia che in Italia le dosi del vaccino Johnson & Johnson verranno tenute in standby finché non ci sarà maggiore chiarezza, ma nello stesso tempo il canale di rifornimento rimarrà aperto. 
Questo appare l’esito della riunione a cui ha partecipato l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco e il ministero della Sanità. Bisognava decidere che fare dopo la scelta dell’ente americano sui farmaci di sospendere l’uso del vaccino monodose che avrebbe cambiato completamente l’andamento della campagna da maggio in poi. “C’è il rischio di una tempesta perfetta” ha detto l’assessore alla Sanità del Lazio D’Amato che chiede decisioni rapide. Infatti nel Lazio, secondo il piano vaccinale che procede per base anagrafica, dal 20 aprile, quindi tra una settimana, nelle farmacie si sarebbe cominciato ad utilizzare Johnson & Johnson. Ora tutto rischia di bloccarsi, sia in una regione come il Lazio dove la campagna procedeva bene, che nel resto delle regioni dove comunque se non a maggio ma a partire da giugno il vaccino americano sarebbe stato usato. 
Lo stop arriva proprio nel giorno in cui a Pratica di Mare sono arrivate le prime dosi del vaccino statunitense, 148mila fiale che ora sono ferme nel deposito. Certo, non sono molte e ciò fa dire alla Ministra Gelmini, ad esempio, che la campagna vaccinale può andare avanti perché complessivamente entro il 22 aprile dovrebbero arrivare 4 milioni di vaccini di altri marchi. Ma Johnson & Johnson è il vaccino su cui il governo italiano punta per la seconda parte della campagna, quella che va da maggio in poi. Nel piano vaccinale presentato da Figliuolo è previsto l’arrivo di 26 milioni di dosi di questo vaccino da qui alla fine dell’anno. Per questo è indispensabile capire se l’Italia dovrà farne a meno o come è accaduto per Astrazeneca cambiare il target a cui è destinato.

Gli ospedali italiani chiedono di attendere per le riaperture

Intanto, dagli ospedali arriva l’avvertimento dei sanitari, che in una nota congiunta dell’intersindacale medici, mettono in guardia da riaperture anticipate: Le strutture sono già oltre le soglie critiche della capienza e non potrebbero reggere una nuova ondata di contagi. Nella nota si indicano il completamento delle vaccinazioni tra gli over sessanta e il limite di cinquemila contagi al giorno i requisiti per una riapertura in sicurezza e dunque duratura. Alessandro Vergallo è il Presidente Nazionale dell’Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani.


 


La comunità musulmana di Piacenza ha finalmente ottenuto una moschea

(di Luca Parena)

Visto da fuori sembra un normale capannone industriale a mattoni e vetrate. Lo segnala un cartello, ma dalla provinciale si rischia di non notarlo nemmeno. C’è scritto “centro culturale islamico”, ma da pochi giorni è una moschea a tutti gli effetti. 
La comunità musulmana di Piacenza ha finalmente ottenuto il riconoscimento che voleva. Da decenni è punto di riferimento per i ventimila fedeli della provincia, ma non aveva un luogo di culto ufficiale. In Italia è così quasi ovunque: manca un’intesa a livello nazionale e così, a fronte di un migliaio di centri culturali che di fatto svolgono le stesse funzioni, le moschee erano appena undici. Sembrava improbabile che la dodicesima potesse arrivare proprio qui, l’attuale giunta di centrodestra lo aveva promesso nell’ultima campagna elettorale: “Mai una moschea a Piacenza”. 
La precedente amministrazione di segno politico opposto aveva però approvato un piano strutturale che definiva le aree produttive come quella del centro islamico compatibili con i luoghi di culto. La comunità ha seguito la procedura e avuto il via libera dei tecnici comunali. In teoria niente da eccepire, ma quando i partiti di centrodestra, Lega in primis, si sono accorti del fatto compiuto in giunta sono volati gli stracci. Sono partite pure richieste di sopralluoghi per verificare che tutto fosse stato fatto in regola, la comunità musulmana ha ancora dovuto difendersi, ma con la tranquillità di chi sa di aver ragione. Arian Kajashi tra i fondatori della comunità di Piacenza:


 

Prove di dialogo tra Stati Uniti e Russia

A un mese dalla discussa intervista in cui il presidente Usa Joe Biden definì Vladimir Putin “un killer”, i due paesi tentano un dialogo. Con una telefonata, Biden ha proposto a Putin un incontro in un paese terzo “per discutere l’intera gamma di problemi che devono affrontare Usa e Russia”.
Nel tentativo di distanziarsi dall’atteggiamento “morbido” di Trump nei confronti della Russia, la relazione tra Biden e Putin assume i tratti di un tira e molla. Vittorio Emanuele Parsi è professore di relazioni internazionali all’università cattolica di Milano.


 

Il Giappone ha deciso: le acque contaminate da Fukushima finiranno nell’oceano

Ha sollevato proteste da parte delle associazioni ambientaliste e dei paesi vicini l’annuncio del governo giapponese che le acque contaminate della centrale di Fukushima saranno riversate nell’Oceano Pacifico. La decisione era nell’aria: entro l’estate i serbatoi adibiti a contenere i liquidi radioattivi usati per raffreddare i reattori raggiungeranno la capienza massima. 1 milione 250mila tonnellate d’acqua saranno dunque disperse in mare. Cina e Corea del Sud hanno intimato a Tokyo di fermarsi. La società che gestisce la centrale, la Tepco, assicura che le acque saranno depurate e diluite prima del rilascio, che avverrà nell’arco di diversi anni. Una procedura di riduzione del danno, che tuttavia non può essere azzerato. Massimiliano Clemenza, coordinatore del Laboratorio di Radioattività dell’Università Bicocca di Milano.


 

La Banca BNL BNP Paribas salva il cinema Azzurro Scipioni

(di Barbara Sorrentini)

Il cinema Azzurro Scipioni salvato da uno sponsor. La Banca BNL BNP Paribas finanzierà i lavori di ristrutturazioni per evitarne la chiusura annunciata il mese scorso.
“A Silvano Agosti dal nome estivo e faunesco”, era una dedica di Alberto Moravia scritta su una porta dell’Azzurro Scipioni. Tante dediche, disegnini e piccole odi di personaggi illustri campeggiano ancora sui muri dello storico cinema romano, amato dai cinefili e dagli amanti di cinema indipendente e poco visibile. Fondato dal regista Silvano Agosti quarant’anni fa in Via degli Scipioni è un luogo di incontro e di condivisione cinematografica, ma anche un luogo politico per le proposte uniche e particolari. Del resto un regista come Silvano Agosti censurato nel 1968 per “Il suo Giardino delle delizie” contro il conformismo cattolico, non poteva che proporre film spesso trascurati o reietti.
A metà marzo lo stesso regista annunciò la chiusura della sala; sul suo profilo facebook si leggeva così “Svendo con urgenza 90 belle poltroncine per sala cinema o teatro, provenienti dal cinema Azzurro Scipioni oramai chiuso”. Le motivazioni principali: la crisi per la pandemia e un aumento dell’ affitto da parte del Comune di Roma, ad oggi insostenibile. La notizia è che Azzurro Scipioni non chiuderà grazie al sostegno della banca BNL BNP Paribas che assicura una “ristrutturazione in continuità con la filosofia del suo ideatore e per salvaguardare un luogo simbolo del cinema indipendente e d’autore e che ha ospitato i grandi del cinema italiano come Antonioni, Fellini, Monicelli, Scola, Bertolucci, Bellocchio.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Dopo 18 ore di fermo, Ayoub è libero. A Milano il presidio solidale

    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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