RInascita! RIpresa! RIpartenza! RIgenerazione! REsurrezione!
Sembra una battuta di Brecht, imbastardita con una formula di meditazione da new-age tardiva. Invece, è quello che andiamo RIpetendo tutti da mesi.
Quante volte sono state pronunciate queste o simili (volenterose quanto generiche) parole, nell’anno e più che abbiamo alle spalle? All’inizio, era inevitabile. Comprensibile, anche. Ma dopo l’altalena dei lockdown, la fiera dei vaccini, i parossismi di confusione imperiale, sono diventate una sorta di mantra da assumere prima o dopo i pasti, come l’aspirinetta o gli integratori di vitamine. Dico, in termini di comunicazione pubblica, ma anche privata.
“Buongiorno, signora Belli. Come va?”
“Buongiorno, signor Brutti. Bene, facendo gli scongiuri… e lei?”
“Per ora, tutto ok. Ma speriamo di RIpartire presto, eh?”
“Eh già, abbiamo proprio bisogno di RIprenderci!”
E poi via, verso i bidoni della differenziata, dopo avere sanificato le maniglie del locale condominiale.
Ma insomma, possibile che nessuno di noi ricordi che per una RIgenerazione occorre uno straccio di messa in discussione, di autocritica, di ammissione della colpa, di catarsi… chiamatela un po’ come volete? Non dovevamo uscirne migliori? RIpartire sì, ma non dal punto in cui avevamo lasciato a mezzo l’ultimo aperitivo.
E allora, basta. Da oggi mi sforzerò di non RIpartire, RIsorgere, RInascere e RIcominciare se non quando sarà veramente opportuno. E dato che anch’io sono incapace di vera autocritica, scelgo un diversivo: invece di RIsorgere, cercherò di RIdere un po’ di più. Ahahah! Temo tuttavia di non essere la sola ad avere avuto questa intuizione di sfinita autoconservazione. Almeno, a giudicare dal successo che hanno recentemente riscosso alcuni bolsi e stracotti format TV a base di comicità un po’ isterica (per i più grandi, quelli che adesso fanno Astrazeneca) o dalla dipendenza da stand-up in streaming (per i più giovani, quelli che per ora non fanno nessun cazzo di vaccino o se lo fanno, hanno saltato la fila).
Già, c’è ridarola nell’aria. Non credo sia mancanza di rispetto per la drammaticità del momento. Credo piuttosto sia la versione estesa di quella strana reazione che spesso prende chi va a un funerale. L’emozione provoca gesti goffi, crea effetti involontariamente grotteschi e a tutti, almeno una volta, è capitato di ridere alle commemorazioni del caro estinto. Il meraviglioso sketch dei Monty Python, quello della killer joke, la barzelletta killer, ci insegna che si può ridere anche della guerra. Se non lo conoscete, cercatelo in rete. L’idea che si possa ammazzare il nemico di risate, resta una delle intuizioni più geniali del secolo breve.
Chissà, forse se Erdogan e Michel avessero avuto la prontezza di spirito di dire a Ursula von Der Leyen “Scherzone! Dai, te la sei presa per così poco?” adesso sarebbero considerati gli artefici di un nuovo disgelo turco-europeo. E se Eco (Umberto) ha consegnato ai lettori di tutto il mondo la sua opera più celebre mettendoci al centro il Riso, racchiuso nel fatale e perduto secondo libro della Poetica di Aristotele, anche noi possiamo provare a ridere almeno un po’ in questo nerissimo tempo storico.
Anche perché di polaroid da guardare per farsi una RIsata ce ne sono dappertutto, se si presta attenzione. Ecco qualche esempio.
Cosa fare, se non ridere, quando a un caro amico annoverato nelle categorie “fragili” viene praticato il vaccino e, la mattina dopo, gli arriva un SMS che dice più o meno “Buongiorno! Ti comunichiamo che da oggi puoi fissare un appuntamento per ricevere il vaccino contro il COVID-19”?
E perché non ridere di un tamponamento fra due signore over 70, straordinariamente simili di aspetto, che si sono scontrate mentre entrambe stavano andando al più vicino centro vaccinale? Saranno finite in fondo alle graduatorie per non essersi presentate in tempo, a causa della constatazione amichevole?
Come si fa a non sghignazzare insieme alla parrucchiera, impaziente di riaprire quanto le sue zazzerute clienti, che confida telefonicamente “Pazzesco! In questo ultimo lockdown sono tutte ingrassate da far paura! Gli ci vorrà un anno per buttare giù quei chili…”
E infine, prendiamo un premier europeo che incute diffidenza ma anche una sorta di rispetto, grazie alla fama di glaciale stregone dell’economia planetaria. Uno che per settimane ha fatto imbizzarire i travet della cronaca politica perché “non comunicava”? Non è meraviglioso che uno così, che fra l’altro in questo momento è anche il Presidente del Consiglio italiano, abbia pestato un merdone come quello di annoverare Erdogan fra i dittatori del mondo? E per giunta con una frase semiconfidenziale, da ascensore, da buvette, non da conferenza stampa coi microfoni sguainati? Sublime. E qualcuno si domanda ancora se dietro ci fosse una precisa strategia diplomatica.
Dai, (non) fatemi ridere.