Questo è il Qatar: immaginate una lingua di sabbia grande come l’Abruzzo, ma seduta sulla terza riserva di gas naturale del mondo. Una monarchia assoluta di tipo feudale, dove i cittadini locali godono di uno dei redditi pro capite più alti al mondo ma i lavoratori immigrati sono vittime di abusi e maltrattamenti.
È vero che il Qatar ha introdotto una serie di riforme tra cui una legge che regola gli orari di lavoro, un tribunale per le controversie, un fondo per il pagamento dei salari non pagati e la definizione di un salario minimo. Ma secondo Amnesty migliaia di lavoratori continuano a subire abusi, e per molti di loro la situazione rimarrà difficile se non verranno prese ulteriori misure per garantire i salari, assicurare l’accesso alla giustizia e proteggere i lavoratori domestici dallo sfruttamento.
Tra un anno ci saranno i Mondiali di calcio, sarà la consacrazione per la famiglia regnante di Al Thani. Alla grande festa saranno presenti politici e leader da tutto il mondo, il jet set e gli sponsor. Tutti quanti dovrebbero scegliere tra due verità, quella del Guardian che stima a 6750 i lavoratori asiatici morti da quando il Qatar si è aggiudicato i Mondiali 2022 oppure quella ufficiale, che sostiene che soltanto 37 decessi sono legati alla costruzione degli stadi.
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