“Non posso morire mentre c’è ancora Trump” ha affermato recentemente Lawrence Ferlinghetti, uno dei più straordinari intellettuali della storia degli Stati Uniti. Una vita lunghissima e appassionata, quella di questo poeta, editore, attivista, pittore e ispiratore di una generazione di talenti, che tanta parte ebbe nel processo di affrancamento culturale dell’America dal conformismo.
Ferlinghetti era nato quasi 102 anni fa a Yonkers, da un emigrante di origini bresciane, morto poco prima della sua nascita, e da una giovane di origine franco-portoghese finita in manicomio poco dopo il parto. Fu allevato in Francia, a Strasburgo, da una zia che poi lo riportò a New York, dove lo fece adottare dalla famiglia presso cui lavorava come governante.
Lawrence poté così studiare, prima di partire per la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale fu testimone di eventi epocali, come lo sbarco in Normandia e gli effetti della bomba atomica in Giappone, che influenzarono la sua successiva scelta pacifista. Tornato negli USA, fu tra i primi a sentire il richiamo dell’Ovest e a trasferirsi a San Francisco, contribuendo alla nascita del movimento intellettuale e politico che sfocerà nella Beat Generation.
La sua libreria City Lights, poi anche casa editrice, diventò subito un riferimento per i lettori e per autori emergenti, come Kerouac o Corso, pubblicando e vendendo quasi solo “paperbacks”, edizioni tascabili. Nel ‘56 City Lights pubblica il capolavoro di Allen Ginsberg, Howl (Urlo), e Ferlinghetti finisce in carcere con l’accusa di avere diffuso oscenità. Uscirà vincitore dal processo, con una sentenza che fece epoca e che aprirà la strada a una stagione di libertà creativa senza precedenti negli USA.
A Coney Island of the Mind, la più celebre raccolta poetica di Ferlinghetti, del ‘58, era un durissimo attacco alla società americana del tempo ed era pensata per essere accompagnata dal jazz. Ferlinghetti fu anche pittore e diverse mostre gli sono state dedicate in Italia, paese in cui tornava spesso e a cui era legatissimo.