Debout les damnés de la terre… «In piedi i dannati della Terra.. » comincia cosi, in francese, la prima strofa dell’Internazionale, la canzone comune dei proletari del mondo intero. Non solo sfruttati, non solo dominati, non solo espropriati… la dannazione dice qualcosa d’altro di più radicale, definitivo e inesorabile. La dannazione dice più che l’umiliazione. Dice l’esclusione dal consesso degli umani. La negazione dell’appartenenza alla qualità costituente dell’uguaglianza.
I dannati non possono pretendere a figurare tra gli uomini che «sono tutti uguali». Marx neutralizza, per cosi dire a fini scientifici, la tragedia della dannazione e parla di alienazione, ma la materia é la stessa: la perdita della dignità umana.
Quasi un secolo dopo, nel 1961, Frantz Fanon, psichiatra francese di origine antigliese e militante per l’indipendenza dell’Algeria, sceglie Les Damnés de la Terre … I Dannati della Terra…come titolo ineluttabile di quello che è ancora oggi il libro fondamentale per capire e per intendere tanto la violenza totale della colonizzazione che le sue conseguenze sia sulla lotta che sul processo per l’emancipazione e l’indipendenza.
La colonizzazione essendo la forma storica assoluta della «dominazione del uomo sull’uomo », come e forse ancor più che la schiavitù che è più contingente e in qualche modo ancestrale. La colonizzazione rileva della struttura: è un progetto politico istituzionale per non dire costituzionale. E la guerra di liberazione e d’indipendenza dell’Algeria che ha lacerato la Francia tra il 1955 e il 1962 è senza dubbio la nemesi della questione coloniale come forma mondializzata del dominio.
«Come conservare la dignità – scrive Fanon nel 1956 – in un paese, l’Algeria coloniale, in cui il non-diritto, la disuguaglianza e l’omicidio sono eretti a principi legislativi. Un luogo in cui l’autoctono, alienato permanente nel proprio paese, vive in uno stato di depersonalizzazione assoluta».
È su questa dannazione ormai antica e sulla violenza necessaria, ma sinistramente feconda, per liberarsene che tenta di fare luce il rapporto presentato da Benjamin Stora. Per tentare di curarne le conseguenze non potendo cambiarne le cause. Per evitare che quella dannazione e la violenza inevitabile che le risponde non continuino, come é il caso da ormai sessant’anni, ad avvelenare la vita e il pensiero dei figli, dei nipoti e dei pronipoti dei nemici di allora; che oggi vivono fianco a fianco nei quartieri popolari delle periferie francesi. Perché quella dannazione e quella violenza, irrisolte e rimosse, non continuino ad alimentare il rancore, l’ingiustizia e la separazione per gli oltre due milioni di franco-algerini che vivono in Francia, magari spingendoli tra le braccia del fondamentalismo identitario.
Questione di Storia, di Verità e di racconto condiviso per il Rapporto Stora. Ma anche questione di politica e di giustizia sociale «Perché – scriveva sempre Frantz Fanon sessant’anni fa – i territori colonizzati si riconoscono a prima vista dal fatto che il solo interlocutore per il colonizzato sono i militari e poliziotti del colonizzatore.. ». Ed è un fatto che oggi nei quartieri popolari delle periferie meticce francesi i rappresentanti dello stato siano sempre meno i servizi pubblici e sempre di più le forze di sicurezza.