“Storia è fatta“, ha detto Hillary Clinton ai suoi supporters, riuniti a Brooklyn. “Questa è una pietra miliare per tutti noi“.
Hillary Clinton è la prima donna a diventare la candidata ufficiale di un grande partito, i democratici, nella corsa alla Casa Bianca. L’ex segretario di stato ha vinto le primarie democratiche in California, New Jersey, New Mexico e South Dakota. Bernie Sanders si è aggiudicato quelle del North Dakota e Montana. In un discorso davanti ai suoi sostenitori, ha rivendicato per sé la nomination.
Il risultato della California è stato l’ultimo ad arrivare e ha ulteriormente rafforzato la rivendicazione di vittoria della Clinton. L’ex segretario di stato si aggiudica le principali aree urbane dello Stato: Los Angeles, San Francisco, Fresno, San Diego, San José e lascia a Sanders solo la zona di Santa Cruz e le propaggini a nord e a est, ai confini con Nevada e Oregon (non a caso, due Stati dove Bernie Sanders è sempre stato forte).
“E’ stato un lungo viaggio“, ha detto la Clinton nel discorso in cui ha indossato il mantello della nominata ormai ufficiale del partito, legando la sua vittoria in queste primarie alle prime lotte femministe, quelle delle pioniere del XVIII secolo.
Ma è stato un lungo viaggio anche per lei, politicamente e umanamente. Tra cadute, sconfitte, ritorni imprevisti, la Clinton è riuscita alla fine a imporsi.
Ci è riuscita nonostante una campagna non particolarmente esaltante, che ha mancato di un messaggio chiaro e che ha pesantemente sofferto degli attacchi del suo rivale Bernie Sanders.
La Clinton è risultata indebolita per gli scandali e le polemiche che hanno accompagnato la sua corsa: la questione delle email inviate da un account personale quando era segretario di stato; la gestione del caso Benghasi; i rapporti un po’ troppo stretti con Wall Street; i legami della Clinton Foundation con nazioni spesso imbarazzanti quanto a rispetto dei diritti umani.
Lei è andata avanti, nonostante tutto, con la caparbietà, l’ambizione e il metodo che tutti le riconoscono e che sono da sempre il segno della sua vita politica, nata all’ombra di un marito presidente degli Stati Uniti, popolarissimo e dotato di una personalità trasbordante.
Con gli anni la figura di Hillary Clinton è diventata però sempre più autonoma: da militante per i diritti dei malati, delle donne, dei bambini, è diventata senatrice dello stato di New York, poi segretaria di stato nella prima amministrazione Obama, ora nominata ufficiale dei democratici alla Casa Bianca.
Il senatore del Vermont, ancora prima dell’arrivo dei risultati della California, ha detto di voler “continuare nella battaglia”. Si tratta, soprattutto, di retorica elettorale. Sin da oggi buona parte dello staff che ha collaborato alla campagna di Sanders verrà licenziato. La campagna dunque smobilita. C’è da capire cosa resterà del suo messaggio politico.
Aspettando la California, c’è comunque un primo, storico dato: una donna rappresenterà democratici USA nella corsa alla Casa Bianco. Il viaggio – delle donne e della Clinton – non è ovviamente finito. Si tratta di battere a novembre Donald Trump: un candidato che per le donne ha avuto epiteti come “animale disgustoso” e “vacca grassa”.
C’è da scommettere che la politica di genere, e delle identità, giocherà un ruolo in queste elezioni.