Era sicuramente una battuta, magari con un eccesso di piaggeria, quella di Matteo Renzi col principe e dittatore saudita Bin Salman, quando gli ha detto di essere invidioso del costo del lavoro nel suo Paese.
Ma anche come battuta forse non era il massimo, visto che in Arabia Saudita c’è la schiavitù legalizzata per decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori provenienti dall’Africa e dal subcontinente indiano. Non è nemmeno sfruttamento, quello imposto dai sauditi: è proprio schiavitù. E la polizia riporta ai loro posti di lavoro, dopo qualche giorno in carcere, quelli che tentano di scappare perché si sono accorti di essere stati truffati dalle agenzie interinali internazionali che gli avevano fatto firmare il contratto nel Paese d’origine.
Una battuta di pessimo gusto, insomma, se era tale.
E che comunque rivela la visione del mondo di Renzi, che è quasi una fissazione: abbassare il costo del lavoro, ridurre gli stipendi e intervenire sul mercato del lavoro favorendo le imprese.
Del resto, appena arrivato a Palazzo Chigi Renzi fece il decreto Poletti – e la legge per cui gli italiani più lo ricordano come premier è il Jobs Act.
Quella di Renzi è una visione da pura destra economica, in questo più a destra perfino dei sovranisti, dei Salvini e delle Meloni.
Ora, seppur rinchiuso nel suo due o tre per cento, questo portabandiera della destra economica dà le carte per la nuova maggioranza. E purtroppo ha ragione quando dice che non è una questione di caratteri e di poltrone, ma di contenuti: sono i contenuti della destra economica che Renzi vuole portare nel futuro governo e specialmente nella gestione del Recovery Fund.
Ora, lo sbocco della crisi, se Renzi l’avrà vinta, ci porterà quindi inevitabilmente in questa direzione. Diciamo, un po’ più lontani dal welfare nordeuropeo e un po’ più vicini al modello saudita.