Dopo aver dato a Giuliano Pisapia del ladro d’auto e dell’amico dei terroristi, Letizia Bricchetto Arnaboldi Moratti perdeva le elezioni comunali milanesi del 2011 e nonostante l’annuncio che avrebbe guidato l’opposizione di centrodestra, lascerà la politica sei mesi dopo.
Torna ora, in vetta, chiamata a rilanciare il marchio della sanità lombarda e a raddrizzare Attilio Fontana, commissariandolo come futura candidata presidente. Ma è partita molto male in con gli antichi vizi: la richiesta di avere due staff personali, visto che ha due cariche, e una lunga lista di consiglieri, per cui ha già occupato un intero piano del pirellone, e non uno qualunque, quello che fu di Roberto Formigoni. Più che lady di ferro del centrodestra, Letizia Moratti si conferma lady consulenze.
Come riformatrice l’unico suo atto è la prima contestatissima riforma dell’istruzione in chiave aziendalista, nel 2003, che riduceva le ore a scuola e l’età scolastica, tagliava il personale e privatizzava tutto il possibile. E la sua carriera politica più che da civil servant, come la omaggia il Corriere della Sera, è da nemica del pubblico numero uno. Lo scrive la Corte dei conti condannandola a quasi 600mila euro di risarcimento al Comune di Milano per alcune delle 54 nomine fatte da sindaca: “un agire improntato ad assoluto disinteresse dell’interesse pubblico alla legalità”, scrivono i magistrati.
D’altronde in Rai, dove inizia la sua carriera paracadutata alla presidenza da Berlusconi, si ricordano ancora la strategia per rendere complementare la tv pubblica alla Fininvest. Per tutto questo non sorprende la proposta di modulare i vaccini con criteri padronali: chi ha più Pil, avrà più dosi. Perché il merito è la ricchezza.
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