Tardi. È una delle tre parole chiave per descrivere il primo anno della Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Si è organizzata tardi per la preparazione del ritorno tra i banchi a settembre. Ha preferito concentrarsi sulla chiusura dell’anno. Risultato: gli studenti hanno saputo a fine maggio come sarebbe stato il loro esame di maturità e il mondo della scuola ha passato tutta l’estate, metro alla mano, a sistemare banchi e a organizzare orari e misure di sicurezza, sempre in attesa di linee guida definitive.
Seconda parola: reclutamento. Azzolina ha creato un nuovo sistema di graduatorie provinciali per le supplenze. Ottime intenzioni: sgravare il lavoro delle segreterie. Ma non ha fatto i conti con i problemi tecnici della piattaforma informatica che le gestisce e la mancanza di organico di alcuni uffici scolastici. Risultato: migliaia di cattedre vacanti per mesi.
E poi il concorso. Gli insegnanti servono, ha ragione. Ma in quali condizioni è stato organizzato? In piena pandemia, senza prove suppletive, con lo spostamento di docenti in città diverse da quella di residenza.
Bersagliata da tutti, le sono state addossate anche colpe non sue. Come quella per l’insufficienza dei mezzi pubblici o del tracciamento che non funziona. Tante le critiche da destra e da sinistra, a volte anche a ragione, sul suo operato. Meno costruttive quelle alla sua persona. Giovane e donna, in molti hanno pensato di poterla offendere anche solo per il suo aspetto fisico o il rossetto che usa, ormai suo segno distintivo in ogni sua immagine. Ma non si è fatta intimorire.
E qui si arriva alla terza parola chiave: passione. Determinata a riportare gli studenti a scuola e a cercare le risorse per mettere finalmente la scuola al centro, Azzolina non si è arresa davanti a niente. Colloqui serrati con gli altri ministri, il CTS, i sindacati, i presidi, le Regioni. La battaglia della scuola in presenza è ancora in corso. Ma ha ottenuto risultati in quella per i fondi. È riuscita a ottenere oltre 4 miliardi per gestire l’emergenza.
E poi altri 3,7 miliardi nella Legge di bilancio, contro i 2 del suo predecessore. Risorse per l’edilizia, per i progetti didattici, per l’assunzione di personale, per la digitalizzazione. Tante voci si sono alzate in questi mesi dal mondo della scuola dicendo che non è abbastanza. Ma, davvero, pensano che in meno di un anno si possa sanare una situazione che va avanti da decenni, in cui la scuola scende sempre di più nella classifica delle priorità dello stato?