Il baobab è il vero simbolo del Senegal. Nella grande Dakar è occultato dai palazzi e dal traffico ma appena si riesce a lasciarsi alle spalle la città, questo albero diventa l’assoluto protagonista del paesaggio. È un simbolo non solo perché è onnipresente, ma perché rappresenta la sobrietà africana, la capacità di utilizzare tutto, la capacità di avere una relazione amichevole con la natura.
Il frutto del baobab è una sorta di zucchetta oblunga che viene succhiata dai bambini come una caramella, ha un sapore zuccheroso acidulo, ma con quel frutto si produce anche una bevanda color latte con un forte potere dissetante, dal frutto e dai suoi semi si ottiene una farina per condire il cous cous, le foglie invece vengono consumate come verdura e vi si ricava anche un condimento usato in molti piatti senegalesi.
Viaggiando verso l’entroterra ci si rende conto che senza il baobab questi paesaggi perderebbero qualcosa. Questo albero con un tronco abnorme e grossi rami rivolti verso il cielo sembra un gigante piantato a terra che grida al cielo.
Nei villaggi la gente non si siede intorno ad esso per godersi l’ombra, viene quasi ignorato rispetto ad altri alberi con più foglie. Il baobab e i senegalesi però sanno bene di essere complementari. Innanzitutto, in questo arido Sahel, il baobab ha una capacità miracolosa, il suo particolare legno spugnoso trattiene l’acqua, una quantità incredibile. Pare che un albero di media grandezza possa contenerne anche centomila litri.
E poi ancora il baobab è una sorta di custode della vita, ha infatti una longevità sorprendente e può arrivare anche a duemila anni. Ciò significa che questi alberi vedono passare diverse generazioni, vedono la storia, vedono gli antenati. È lui stesso un antenato…
Al tramonto non è difficile viaggiare per il Sahel africano e osservare un maestoso baobab sul cui sfondo in lontananza sfreccia un aereo di linea. Molti senegalesi levano gli occhi al cielo, vorrebbero essere su quell’aereo che porta in Europa, ma allo stesso tempo il baobab sembra ricordare loro che questa è la terra dei loro antenati.
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Il cantante degli Editors Tom Smith racconta la sua nuova avventura solista
Di passaggio in Italia, il frontman degli Editors Tom Smith ci ha fatto visita a Radio Popolare per raccontare la nascita del suo primo album solista “There is nothing in the dark that isn’t there in the light”. Un progetto che nasce dal desiderio di fermarsi, respirare e mettersi in gioco in modo più vulnerabile e sincero. In questa intervista, Tom parla del bisogno di tornare a un suono più naturale e acustico, lontano dall’estetica elettronica del gruppo, lasciando le canzoni più vicine alla loro forma originaria. Condivide anche come sia cambiato nel tempo il suo rapporto con la musica, tra scoperte giovanili che hanno plasmato la sua identità e nuovi ascolti capaci ancora di sorprenderlo. Pur esplorando nuove strade, Tom ribadisce che non si tratta di un addio agli Editors: è solo un capitolo diverso, prima di tornare “ai suoi fratelli” sul palco e in studio.
Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita.
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La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba
Gli Interpol che tornano in Italia con una nuova data estiva a Bologna, le 50 migliori canzoni del 2025 secondo Stereogum, la Casa Bianca che ha utilizza di nuovo un brano di Sabrina Carpenter per un video dell'ICE senza il permesso dell'artista. Nella seconda parte l'intervista di Cecilia a Paesante a Tom Smith, cantante degli Editors che ha da poco pubblicato il suo esordio solista
In un documentario la Milano di ieri e di oggi nei ricordi di Aldo, Giovanni & Giacomo
“Ho sempre pensato che quella di Aldo, Giovanni e Giacomo fosse una favola. La loro vita artistica, che io ho seguito come assistente alla regia nei film di Massimo Venier, è sempre stata caratterizzata da rifiuti e invece hanno fatto di tutto e con grande successo, grazie alla loro determinazione”. E’ per questo motivo che Sophie Chiarello, già regista di “Il Cerchio”, ha voluto esplorare le vite del trio a partire dalla loro infanzia. “Erano tre ragazzini un po' 'sfigati' – come si autodefiniscono - che per provenienza sociale avevano un destino già scritto”. Sono loro a raccontarsi, a sfogliare le foto dell’infanzia e a percorrere la Milano di una volta, proletaria e in bianco e nero. Un ritratto personale, divertente, con le voci di chi li ha accompagnati in tutti questi anni da Paolo Rossi, Marina Massironi, alla Gialappa’s Band. “Attitudini: nessuna” è stato realizzato in diversi momenti con un percorso frammentato che punteggia la carriera artistica del trio tra cabaret, teatro, cinema e televisione. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Sophie Chiarello, regista di “Attitudini: nessuna”.
Noi e altri animali
È la trasmissione che da settembre del 2014 si interroga su i mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia.
Ogni giorno con l’ospite di turno si approfondisce un argomento e si amplia il Bestiario che stiamo compilando.
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A cura di Cecilia Di Lieto.
Considera l’armadillo - 09-12-2025
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