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Tratto dal podcast
Fino alle otto di gio 19/11/20
Economia | 2020-11-19
Duccio Facchini, direttore di Altreconomia, commenta a Radio Popolare la campagna per sostenere i negozi di prossimità anche per le vendite online questo Natale.
L’intervista di Barbara Sorrentini a Fino Alle Otto.
Amazon durante il lockdown ha fatto veramente la parte del leone per quanto riguarda gli acquisti, nel bene e nel male. Questo cosa significa per la corsa ai regali di Natale di quest’anno e i negozi di vicinato?
Amazon ha registrato, come tutte le imprese web-soft, dei risultati non paragonabili con il resto dei settori economici. Guardando i dati dell’Area Studi Mediobanca, nel primo semestre del 2020 Amazon ha registrato una variazione del fatturato, a livello consolidato, del 33,5% in positivo. Se si guardano i dati economici del nostro Paese, ma anche a livello globale, è assolutamente in controtendenza. Loro hanno fatto quello che sanno fare. Al di là della questione dei diritti dei lavoratori, degli impatti ambientali e del settore, il problema è le condizioni economiche e concorrenziali in cui Amazon si muove, in una condizione di estrema deregolamentazione, talvolta anche a scapito dei negozi di vicinato, delle botteghe, di tutti quei soggetti che promuovono petizioni contro Amazon, penso al caso francese.
Citavi la Francia, dove c’è un appello di intellettuali e politici per riaprire questi negozi di vicinato per il Natale, almeno per qualche ora al giorno. Cosa chiede la petizione e come si mobiliterà l’Italia?
La petizione è proprio di boicottaggio nei confronti di Amazon per ragioni assolutamente corrette e non nuove. L’impatto che ha Amazon sui posti di lavoro in modo predatorio, con i suoi magazzini di logistica (e la Pianura Padana ne sa qualcosa a livello di consumo di suolo), la questione dei diritti dei lavoratori e soprattutto l’eterna questione fiscale, che non è mai stata risolta e di cui Amazon è protagonista di primo piano, anche a livello europeo. Sotto questo piano è una petizione di boicottaggio, dal mio punto di vista anche ragionevole. Il problema è che è stata tradotta in Italia, anche dai politici della destra dei condoni, delle politiche fiscali dove le tasse sono qualcosa di odioso. Per cavalcare un atteggiamento un po’ miope di consumo, dove il consumo del presunto Made in Italy è positivo e il non è negativo, sostengono un Natale senza Amazon. In realtà il punto non è tanto se lo compro online o sottocasa, ma è che cosa acquisto, qual è la storia di quel prodotto e di quel produttore.
Voi vi state indirizzando nei confronti di Amazon, ma c’è tutta una catena di altre aziende nei cui confronti avete un atteggiamento più tiepido, mi sembra di capire.
Direi di no. Il problema è che Amazon ha tutto e non ha rivali. Nell’e-commerce ci sono anche altri soggetti ma si muovono in maniera completamente diversa: un conto è utilizzare la piattaforma digitale, lo facciamo anche noi, siamo un piccolo editore, siamo i primi a vendere i nostri prodotti online. Il tema è che Amazon lo fa erodendo i margini degli altri, abusando di una posizione dominante che viene approfondita, con grande fatica, sia a livello di anti-trust italiana sia europea, mentre negli Stati Uniti è sostenuta dal governo e ha sede nel Delaware, stato a fiscalità agevolata. Non è una questione del digitale, c’è una multinazionale dell’e-commerce che ha acquisito una posizione patrimoniale e di liquidità da paese e non da grande azienda. Nel nostro paese si muove con succursali di società lussemburghesi ed è facile muoversi in condizioni di mercato di questo tipo. Non inseguirei la peggior destra antifisco del paese, ma è il caso di sviluppare un ragionamento di critica per un modello che non genera un grande futuro.
La proposta di riaprire i negozi sotto casa per il Natale, ad oggi, sembrerebbe impraticabile. Voi cosa chiedereste da questo punto di vista?
Non è che sia tutto completamente chiuso, le botteghe del commercio equo, come Garabombo, per esempio sono online, non diciamo di non comprare online. Magari però ci sono dei soggetti in giro per il paese che ancora non hanno fatto una digitalizzazione importante e magari a Natale andare a sostenere questo tipo di attività e questo sguardo verso il consumo solidale potrebbe essere interessante.
Un nostro ascoltatore ci scrive che non è d’accordo col boicottaggio di Amazon, perché non devono essere i consumatori a prendere posizione, ma i governi. Cosa ne pensi?
Sono assolutamente d’accordo. Il tipico atteggiamento delle società multinazionali e dei governi è di colpevolizzare il consumatore. È vero in parte, ma è evidente che fino a quando i governi continuano, a livello nazionale ed europeo, a non fare mezzo passo sulla web tax, cioè su politiche fiscali che rompano quest’inganno delle succursali operanti nel Paese, che poi spostano i ricavi o in Irlanda, o in Lussemburgo, o negli Stati Uniti, è chiaro che poi è facile dire di boicottare Amazon. È per questo che la destra italiana ed europea non hanno mezzo argomento. Ci vuole un intervento dall’alto per regolare questi soggetti e anche a livello italiano si potrebbe fare, senza aspettare gli altri; purtroppo, però, il tentativo è stato più volte mancato.
Un altro ascoltatore si riferisce ai mercatini di Natale, che quest’anno rischiano di non mangiare.
Sicuramente. È chiaro che in generale ci siano state delle ricadute pesantissime, dove soggetti come Amazon hanno fatto da strapadroni. Da un certo punto di vista alcune chiusure erano inevitabili e lo sappiamo, in Lombardia ne siamo ben consapevoli. Il Tax Justice Network aveva fatto una proposta interessante: fare un prelievo forzoso su quesi soggetti che per via delle chiusure hanno accumulato liquidità clamorose come ad esempio i soggetti dell’e-commerce. Forse questo ad Amazon e alle sue succursali paradisiache si potrebbe chiedere.