
Orban a Salvini, 27 maggio 2020: “Caro amico, congratulazioni, l’Ungheria è con te”. No al processo per Open Arms, battaglia vinta dal leader leghista.
2 maggio 2019: il capitano in viaggio in Ungheria: baci, abbracci e selfie sovranisti.
28 agosto 2018. Orban a Milano. Salvini: “È il mio eroe”.
Giorgia Meloni. 2 ottobre 2020. «Grazie di cuore al primo ministro dell’Ungheria Viktor Orban per la bellissima lettera che mi ha inviato. Lavoriamo insieme per l’Europa”.
Ecco. L’Europa per cui lavora adesso Orban, con i suoi alleati sovranisti polacchi, è l’Europa che si blocca e non riesce a dare il via libera ai soldi del Recovery Fund.
Non è la prima volta che i Paesi che Salvini e Meloni ritengono amici ci fanno lo sgambetto. Quando si tratta di bloccare investimenti a Paesi che considerano inaffidabili, non si sono mai tirati indietro, come insegna un altro alleato, l’austriaco Kurz. Ma tant’è. Salvini e Meloni hanno costruito parte del loro messaggio politico sull’appartenenza all’internazionale sovranista. La lotta ai migranti è stato il collante da dare in pasto alle opinioni pubbliche.
Ora l’Europa chiede a Ungheria e Polonia di accettare la clausola del rispetto dello Stato di diritto per avere i fondi del Recovery. E loro mettono il veto. Tutto bloccato dagli amici di Salvini e Meloni. Anche i loro elettori – che possono fare spallucce su rispetto di diritti, minoranze e migranti – forse si accorgeranno che, tra un complimento e l’altro, Orban sta dicendo no a 200 miliardi all’Italia per sanità, scuola, imprese, lavoro.