Che le relazioni tra Parigi ed Ankara si siano degradate negli ultimi mesi, non è una novità: la Francia e la Turchia sono su versanti diametralmente opposti in alcuni dei punti più caldi dello scacchiere geopolitico contemporaneo. Dalla Libia al mediterraneo orientale, dove Grecia e Turchia si contendono risorse e frontiere marittime, fino ai recentissimi scontri tra Armenia e Azerbaijan nel Nagorno-Karabakh.
Ma la tensione tra i due Paesi è aumentata ulteriormente questo fine settimana, con il presidente turco Erdogan che sabato ha accusato in tv il suo omologo francese di essere ossessionato da lui e di avere dei disturbi mentali. Nonostante le proteste della Francia, Erdogan ha ribadito domenica che Macron ha dei problemi con l’Islam e gli ha consigliato di farsi esaminare da un medico.
Secondo il portavoce del presidente turco, Parigi userebbe le caricature di Maometto per intimidire e offendere i musulmani, in un modo che ricorda quello con cui venivano diabolizzati gli ebrei nel 1920. Per tutta risposta, la Francia ha richiamato il suo ambasciatore. Una decisione rarissima negli ambienti diplomatici e densa di significato: l’ultima volta era successo nel 1901.
I francesi dicono anche di non aver ricevuto nessun gesto ufficiale di solidarietà e di condanna dell’attentato terrorista di Conflans. I turchi negano e assicurano di aver fatto le condoglianze alla famiglia del professore ucciso. Intanto Erdogan oggi ha rincarato la dose, chiedendo al suo popolo di boicottare i prodotti francesi: così come in Francia alcuni dicono di non comprare i prodotti turchi, ha affermato, senza però citare alcuna fonte.
L’appello al boicottaggio del made in France è stato diffuso in questi giorni via social in diversi paesi di fede musulmana e, per la Turchia, che punta a consolidare il suo ruolo di leader politico nel mondo sunnita, l’occasione era ghiotta. Anche perché nelle ultime settimane a Parigi si discute di una legge sul separatismo e la laicità che non piace per nulla ad Ankara: nel progetto di legge preannunciato da Macron, infatti, si prevede di rinforzare il controllo sul finanziamento delle moschee e di non accettare più imam e predicatori venuti dall’estero. Un duro colpo alla rete d’influenza della Turchia che, da sola, fornisce la metà dei 300 imam stranieri attivi in Francia.
Identificare Macron e la Francia come islamofobi e nemici dei turchi, fa anche comodo ad Erdogan sul piano interno. In questi giorni il presidente ha intrapreso un viaggio nell’est e nel centro del paese per aumentare la sua popolarità. Le elezioni presidenziali del 2023 sono ancora lontane ma ad oggi l’economia stagna e i sondaggi danno Erdogan perdente contro il suo principale rivale, il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu.
Macron, che ha incassato in queste ore il sostegno di Angela Merkel, di Conte e del premier portoghese Costa, non ha ancora annunciato la prossima mossa ma, per il momento, tra i suoi consiglieri e nella classe politica francese, prevale la linea dura.