Da oggi, per effetto dell’ultimo DPCM, i cinema, i teatri e le sale da concerto sono chiusi. Restano invece aperti i musei, le biblioteche e gli spazi espositivi che durante la prima fase della pandemia di COVID-19 erano stati i primi a cessare l’attività. Stavolta, non è chiaro secondo quale logica, il governo ha deciso di muoversi in modo diverso quando il mondo dello spettacolo è tra i settori che più velocemente e con maggior rigore ha aderito alle stringenti disposizioni medico-sanitarie.
Di fronte al nuovo DPCM, quindi, il mondo della cultura ha deciso di chiedere a gran voce al governo di rivedere quella decisione di tenere chiusi i cinema e i teatri, decisione che non sembra motivata in modo sufficiente e che rischia di creare ancora più difficoltà ai lavoratori dello spettacolo, già duramente colpiti nei mesi scorsi. Ne abbiamo parlato con Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura del Comune di Milano.
L’intervista di Barbara Sorrentini a Fino Alle Otto.
Cosa state chiedendo al governo?
Innanzitutto abbiamo chiesto di disporre la riapertura dei teatri, dei cinema e delle sale da concerto al più presto possibile proprio nella considerazione che si è trattato di luoghi che, avendo adottato in maniera molto stringente le disposizioni medico-sanitarie, sono di fatto luoghi sicuri. I dati statistici diffusi da AGIS dimostrano che non ci sarebbe stato alcun contagio verificato nei teatri e nei cinema. Le operazioni di tracciamento non hanno mai visto questi come luoghi di possibile contagio e io credo che questo dato statistico sia un dato veritiero perché di fatto, sia per il contingentamento delle capienze e sia per la riformulazione stessa delle modalità in cui si assiste a spettacoli o si vede un film, le possibilità di contagio sono limitatissima, direi quasi nulle. Ricordiamo, ad esempio, che i teatri e le stagioni dei concerti hanno abolito l’intervallo, che era l’unico momento di possibile intreccio tra gli spettatori. Quando oggi andiamo a vedere uno spettacolo stiamo distanziati ben oltre un metro e indossiamo le mascherine per tutta la durata dello spettacolo o della proiezione, avendo prima sanificato e assicurato un ricircolo d’aria nei luoghi in cui si svolge lo spettacolo, tutte condizioni che rispondono pienamente alle indicazioni medico-sanitarie.
Abbiamo visto anche la possibilità di tracciare i posti all’interno dei luoghi, una misura in più per evitare non solo la vicinanza, ma anche il tracciamento successivo in caso di necessità.
Sì, ricordiamo anche che tutti i biglietti sono assegnati in via nominale e nella stragrande maggioranza dei luoghi di spettacolo c’è una scheda anagrafica che permette poi di ricostruire chi ha partecipato allo spettacolo. Io questi mesi, da quando si è riaperto, ho frequentato diversi spettacoli teatrali e diversi concerti e devo dire che mi sono sempre sentito in condizione di assoluta sicurezza, ma soprattutto ho sempre verificato il fatto che mi venissero chiesti i dati di contatto. Questo è un altro elemento importante. La seconda cosa che abbiamo chiesto è stata l’attivazione immediata di ammortizzatori sociali per le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo, soprattutto quelli caratterizzati da contratti fortemente intermittenti o occasionali. Non dimentichiamoci che, se è vero che nelle grandi istituzioni culturali la maggior parte dei dipendenti sono titolari di contratti a tempo indeterminato e quindi possono accedere ad ammortizzatori sociali come la cassa integrazione, ci sono moltissime altre persone che lavorano nel campo dello spettacolo e che hanno invece contratti occasionali e intermittenti. Questa è diventata una caratteristica problematica delle condizioni di diritti dei lavoratori dello spettacolo. È chiaro che questa chiusura colpisce al cuore queste figure. Noi avevamo già combattuto questa battaglia a marzo e avevamo ottenuto dal Ministero del Lavoro l’estensione della misura dei cosiddetti 600 euro anche alle lavoratrici e ai lavoratori dello spettacolo, ora chiediamo che venga attivata in maniera immediata una formulazione di ammortizzatore sociale rivolto a queste categorie.
C’è stata già qualche risposta?
Per il momento no. La risposta che abbiamo avuto da parte del Ministro Franceschini e del Presidente Conte, data in maniera pubblica, è stata l’assunzione di responsabilità di questa misura che è stata presa con grande sofferenza. Non ci troviamo di fronte a una scelta indiscriminata e vessatoria, ma siamo di fronte ad una scelta che gli stessi rappresentanti di governo hanno vissuto con grande sofferenza. È sì vero che se l’obiettivo è quello di limitare al massimo gli spostamenti, bisogna però considerare che proprio per la loro particolarità gli spostamenti dovuti alla partecipazione culturale sono quelli che assicurano tenuta democratica in un momento di grossa crisi di una società complessa e articolata come la nostra. E i numeri di cui stiamo parlando sono numeri non incidenti rispetto ad altre forme e ad altre categorie di spostamento. Ci chiediamo e continuiamo a chiedere al Governo di valutare anche questo aspetto, con grande serenità e con grande senso di responsabilità.
Oggi le comunità stanno insieme perché hanno la possibilità di alcune forme di condivisione sociale che, ovviamente, nel momento in cui non sono pericolose tengono insieme il Paese e non costituiscono pericolo.
Poi abbiamo aggiunto un’altra considerazione alla quale speriamo di avere risposta: il mondo dello spettacolo costituisce in maniera concreta un modello, non un bersaglio. Forse in questo momento così difficile avere un modello di comportamento di un settore produttivo che ha applicato in modo così rigoroso le indicazioni medico-sanitarie aiuterebbe molto il governo.
Noi vediamo costantemente, attraverso documentazioni fotografiche e report giornalistici, luoghi in cui non vengono rispettate le regole, non ultima la totale impreparazione, emersa nell’ultimo fine settimana, degli stabilimenti sciistici. Non vediamo foto di quel genere quando si parla di teatro o di cinema. Quando si parla di teatri e di cinema vediamo una grande attenzione e un grande rigore, un rispetto totale di tutte le regole da parte di tutti. Questo è un modello, non un bersaglio.
La chiusura non vale per i musei e le mostre.
Il decreto lascia aperti i musei, gli spazi espositivi e le biblioteche purché vengano praticate tutte le accortezze di carattere medico-sanitario. Anche questo risulta un elemento su cui abbiamo posto l’attenzione del governo: ci ricordiamo tutti che a febbraio furono prima i musei a chiudere per effetto delle disposizioni dei decreti e poi i teatri. Ora non capiamo perché improvvisamente il CTS e il governo ritengano più pericolosi i teatri dei musei quando la scala di valore prima era un’altra. Crediamo che quando questo sia indicazione di come la misura sul teatro e sul cinema sia sbagliata. Crediamo che i luoghi della cultura debbano rimanere aperti, così come accade in altri Paesi che stanno adottando misure rigorose. Ricordo che la Francia, che sta adottando misure rigorosissime anche in termini orari, ha comunque consentito ai teatri di esercitare la loro attività con orari molto anticipati. A Parigi i teatri aprono alle 18 e chiudono alle 20.