Quasi 42mila nuovi casi di COVID e 163 morti registrati in Francia tra mercoledì e giovedì, altre 38 province in cui da stasera a mezzanotte entrerà in vigore il coprifuoco sanitario e i reparti delle terapie intensive tornati ai livelli di metà marzo. La seconda ondata di COVID in Francia non accenna a fermarsi nonostante le misure restrittive sempre più stringenti: in tutto, sono ormai 46 milioni i francesi che dovranno rimanere in casa tra le 9 e le 6 del mattino.
La situazione è particolarmente critica nella metà sud-est del Paese, con la fascia ovest e il centro ancora relativamente risparmiati dall’epidemia. La regione Alvernia-Rodano-Alpi, quella di Lione, per intendersi, è una delle più colpite: in rianimazione non ci sono più letti e alcuni pazienti sono stati trasferiti verso Bordeaux e Poitier. Quello che colpisce è che nelle ultime settimane l’epidemia si è diffusa non solo nelle metropoli, ma anche nelle zone rurali e nelle piccole città.
Secondo le ipotesi degli esperti, uno dei motivi per cui il COVID-19 è arrivato anche nelle province meno popolose della Francia è che si assiste a una stanchezza generale nei confronti delle misure sanitarie di base, come il fatto di mettere le mascherine anche in famiglia, lavarsi le mani o mantenere le distanze. Inoltre, la Francia ha da anni un problema molto serio: i deserti sanitari. In pratica in queste zone meno urbanizzate ci sono anche meno medici ed è più difficile accedere alle strutture ospedaliere o ai centri di depistaggio, cosa che può rallentare l’azione sulle catene di contagio.
In un contesto così preoccupante, la città che ha più fatto parlare di sé in questi giorni è però Saint-Etienne. Inserita tra le prime otto metropoli dov’è scattato il coprifuoco il 17 ottobre, questa vecchia città deindustrializzata costruita sui colli a sud-ovest di Lione, è in assoluto la più colpita dal COVID-19 di Francia. Qui i contagi settimanali superano gli 800 ogni 100 mila abitanti e il tasso di positività dei tamponi è del 20%. Praticamente il doppio di Parigi. La prefettura punta il dito sugli studenti, a inizio ottobre una festa con 150 ragazzi e senza nessun rispetto delle norme sanitarie aveva scioccato la città. Ma gli esperti ricordano, riprendendo una ricerca sulla prima ondata pubblicata il 9 ottobre dall’Istituto nazionale della Salute, che il virus circola di più nelle zone in cui la popolazione è precaria, dove le famiglie numerose vivono in case in cui è difficile isolare i malati. Una situazione diffusa a Saint-Etienne, dove un quarto degli abitanti vive sotto la soglia di povertà.
Il fatto che tra i primi ospedali a dover trasferire dei pazienti COVID ci siano anche quelli di Roubaix e Tourcoing, due città del nord della Francia a forte tasso di povertà, deindustrializzazione e densità di popolazione, non fa che confermare ancora una volta quanto il coronavirus sia una malattia socialmente iniqua.