Ogni 100 positivi trovati in Italia sono 8 quelli che vengono ricoverati, lo 0,02% quelli che necessitano la terapie intensiva. I servizi clinici ospedalieri, a parte casi di sofferenza cronica, ancora non segnalano crisi. La situazione è completamente diversa dalla prima ondata COVID, soprattutto in Lombardia, mentre per altre Regione come Campania e Lazio, questa fase epidemica è già molto peggiore di quella precedente.
I servizi di prevenzione però sono entrati in sofferenza ovunque e sta andando in tilt la capacità di tracciare e tamponare i contatti delle persone positive. Non funzionando il contenimento, ci vorranno rapidamente le restrizioni. Chiusure selettive a cominciare dai luoghi e dalle occasioni di ritrovo, anche quelle familiari. In sintesi ecco il pensiero di Vittorio Demicheli, direttore sanitario della Ats di Milano, epidemiologo dell’unità di crisi della Lombardia, intervistato da Claudio Jampaglia.
Non ci sono ancora segnali di impegno significativo dei servizi di cura. Però ci preoccupa questa accelerazione che i dati degli ultimi giorni stanno segnalando, perché anche se misuriamo dei casi molto leggeri, in proporzione, dentro i nuovi positivi, si iniziano a vedere situazioni che richiedono ricovero. Che richiedono la terapia intensiva. La cosa, al momento, non assomiglia neanche lontanamente a quella di marzo. Di buono c’è che adesso siamo in condizione di fronteggiare la crescita con molto anticipo. Cioè noi adesso ci stiamo già preoccupando di un fenomeno che per gravità è molto lontano da quello che ci ha costretto al lock-down di marzo. Però il fenomeno accelera e la nostra capacità di arginarlo solo con il contenimento e il tracciamento inizia a cedere. Quindi sarà necessario pensare a dei provvedimenti che riducano la possibilità del contagio. Il Governo ha già preso un provvedimento con l’obbligatorietà delle mascherine ma è allo studio un provvedimento concertato con le regioni ed è probabile che vengano introdotte anche delle restrizioni su altre attività. In questa fase il suggerimento dei tecnici è di cominciare a ridurre le attività meno prioritarie. Quelle che comportano grosse aggregazioni è bene che vengano limitate. Così come è bene che vengano limitate le attività aggregative familiari. Feste, compleanni, celebrazioni in questo periodo è meglio rinviarle o farle con un numero minimo di invitati. L’Italia sta andando a una velocità che è molto inferiore rispetto agli altri Paesi europei. Adesso, però, stiamo raggiungendo un volume che indica un’accelerazione. Abbiamo il dovere di provare a frenarla, senza poi essere obbligati a dover prendere provvedimenti drastici. Questa frenata dipende dalle responsabilità di ognuno. Bisogna imparare a convivere con questa situazione di disagio per parecchi mesi. Bisogna iniziare a fare delle rinunce, partendo da quelle più sostenibili, quelle meno essenziali perché questa situazione non sarà breve.
La versione integrale dell’intervista la potete ascoltare su Itaca del 10 ottobre 2020