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Gli immigrati nei CPR: detenuti per non aver commesso reati

cpr via corelli

Ha riaperto il centro di permanenza per il rimpatrio CPR di via Corelli a Milano, un’istituzione dalla lunga storia, che affonda le sue radici negli anni ’90: sono centri creati dalla legge Turco-Napolitano scritta ai tempi del primo governo Prodi.

Al momento il CPR è vuoto, ma poi saranno 140 gli immigrati che saranno messi ad occuparlo, in attesa di rimpatrio, un’attesa che dura diversi mesi.

L’avvocato Eugenio Losco, ai microfoni di Prisma, ci fornisce l’inquadramento giuridico dei CPR. L’intervista è di Lorenza Ghidini e Alessandro Braga.

Di fatto stiamo parlando di strutture che diventano carceri per persone che non hanno commesso reati, è così?

È esattamente così. Sono delle “prigioni amministrative” dove sono detenute le persone straniere che sono destinatarie di un provvedimento di allontanamento e di accompagnamento alla frontiera. Si ratta di un provvedimento con una determinata motivazione che spesso non è rispettata. La stragrande maggioranza dei provvedimenti di espulsione è attuata con accompagnamento alla frontiera: qualora questo accompagnamento non sia possibile (e diciamo che questo capita nel 90% dei casi), la legge prevede che queste persone possano essere trattenute nei CPR. Sono centri dove gli immigrati sono trattenuti in attesa delle pratiche necessarie al rimpatrio nei loro Paesi di origine. Sono vere e proprie carceri, e oltre tutto, i provvedimenti emessi non sono quasi mai rispettati, perché nella maggior parte dei casi queste persone non sono rimpatriate.

Che fine fanno?

È questa l’assurdità: alla fine del periodo massimo di detenzione, che con l’ultimo decreto sicurezza del governo giallo-verde, è stato prorogato a centottanta giorni, questi stranieri, siccome non ci sono accordi di rimpatrio con la stragrande maggioranza dei Paesi esteri, sono “invitati” a lasciare volontariamente entro una settimana il territorio italiano. Lo Stato italiano non è riuscito a rimpatriarli, quindi “invita”, anzi obbliga, lo straniero a farlo da solo, con i propri mezzi. Ma questo è impossibile perché il Paese d’origine non rivuole indietro i migranti. Il rimpatrio avviene solo con quei pochi Paesi con cui è stato fatto un accordo bilaterale.

I migranti detenuti nei CPR hanno un’adeguata difesa?

Io ritengo di no. Insieme alla rete No-CPR ho cercato un po’ in questi mesi di porre l’attenzione sulla mancanza di tutela dei diritti nei confronti dei detenuti in questi centri. La mancanza della loro tutela è molto evidente nel momento in cui la detenzione è applicata, nel momento della convalida di quello che possiamo quasi chiamare “arresto”. Si tratta di un vero e proprio vulnus, una mancanza di diritti, perché il procedimento è demandato a un giudice di pace, che è un giudice onorario, molto spesso inadeguato per decidere su diritti così fondamentali. Ci sono statistiche facilmente reperibili da cui emergono dati sconfortanti: circa il 95% di questi provvedimenti è convalidato e la durata delle udienze è davvero irrisoria: si tratta di udienze di pochi minuti, dai cinque minuti al quarto d’ora. Non sono analizzati i motivi e lo straniero non è ascoltato in maniera completa, spesso non ci sono interpreti o la funzione di interprete è esercitata da altri migranti trattenuti.

Poi c’è anche un problema che riguarda l’avvocatura: spesso gli avvocati non sono preparati nella materia, perché sono scelti attraverso le liste dei difensori d’ufficio, avvocati preparati sulla materia penale, che il più delle volte non conoscono la materia dell’immigrazione. Si tratta di una materia complicatissima, a differenza di quel che si crede, perché coinvolge diversi settori del diritto: diritto di famiglia, diritto internazionale, le richieste di asilo… insomma materie delicatissime che non sono affrontate nella maniera giusta.

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    Il 31 dicembre 2024 è stata una giornata tremenda per la musica italiana. La notizia della morte di Paolo Benvegnù ha colpito duramente le moltissime persone che negli anni sono state toccate dalle sue canzoni, dalla sua voce, dalla sua poesia, oltre che dalla sua straordinaria umanità. Lo amavano le persone che lo conoscevano grazie ai suoi dischi e ai suoi concerti, lo amavano le persone che avevano avuto modo di incontrarlo, di lavorarci, di parlarci anche solo per pochi minuti. Lo amavano i suoi amici, lo amava la sua famiglia, a cui vanno ancora oggi, a un mese dalla sua morte, tutta la nostra vicinanza e il nostro affetto. Radio Popolare ha ospitato molte volte Paolo Benvegnù nei propri studi, per interviste, minilive e concerti nell’Auditorium: ogni volta è stata speciale. Per questo, nella notte tra venerdì 31 gennaio e sabato 1 febbraio, Radio Popolare ha realizzato una trasmissione speciale in cui riproporre molte di queste registrazioni d’archivio: da un minilive degli Scisma del 2000 fino all’ultima apparizione di Paolo Benvegnù sulle nostre frequenze, l’11 ottobre 2024; in mezzo, altre interviste, un intero concerto in Auditorium e anche alcuni brani che arrivano da un altro archivio, quello di Radio Città del Capo di Bologna, grazie alla preziosa collaborazione di Francesco Locane. Quasi quattro ore di musica e di parole, tutte per Paolo Benvegnù. Che sarà sempre nei nostri cuori. A cura di Niccolò Vecchia

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