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Tratto dal podcast
Fino alle otto di mar 29/09
Economia | 2020-09-29
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato ieri della necessità di una revisione del Reddito di Cittadinanza e si è subito aperto il dibattito, in particolare all’interno del Movimento 5 Stelle, che ha sempre sostenuto e promosso la misura, sugli interventi da mettere in atto.
Ne abbiamo parlato oggi con l’economista Cristiano Gori, professore ordinario di scienze politiche e sociali presso l’Università di Trento e ideatore dell’Alleanza contro la Povertà in Italia.
L’intervista di Sara Milanese a Fino Alle Otto.
Quali aspetti del reddito di cittadinanza andrebbero valorizzati e quali modificati?
Bisogna fare un passo indietro per capire la polemica di questi giorni. C’è stato un errore nel modo in cui il Movimento 5 Stelle ha presentato questa misure. Le misure contro la povertà hanno come primo obiettivo di assicurare alle persone uno standard di vita decente, dargli il minimo per campare. A questo servono. Si chiamano politiche contro la povertà, non politiche per il lavoro. Se poi a qualcuno si riesce a dare anche un lavoro, bene, ma non è questo il primo obiettivo. L’errore alla fonte di questo dibattito è che il Movimento 5 Stelle ha venduto all’opinione pubblica una misura contro la povertà come una misura che aveva l’obiettivo di dare a tutti un lavoro. Questo ha creato delle aspettative irreali sulla possibilità di trovare lavoro attraverso il reddito di cittadinanza e adesso c’è questo effetto boomerang. Questo secondo me va chiarito, perchè adesso diremo che ci sono tante cose da migliorare, però pensiamo se per quei 3 milioni di persone non ci fosse stato il reddito di cittadinanza durante la pandemia.
Questo è in linea con quanto sostiene il Movimento 5 Stelle. Sicuramente il reddito di cittadinanza va migliorato.
Assolutamente. Il reddito di cittadinanza ha avuto il pregio di mettere finalmente una qualità di spesa pubblica contro la povertà in Italia, però una serie di errori di disegno e sicuramente va migliorata. Le direzioni sono già tracciate. La prima cosa da fare è separare l’obiettivo di trovare lavoro dall’obiettivo di combattere la povertà, ridurre il ruolo di questo intervento nella lotta alla povertà. La lotta alla povertà è prima di tutto una misura per la sopravvivenza, l’inclusione sociale, i problemi della casa e di relazioni. Poi si cerca anche di dare lavoro a chi si riesce, ma l’obiettivo non è questo. Si possono anche fare tutte le politiche di inserimento che si vuole, ma se il lavoro non c’è non è il reddito di cittadinanza a crearlo.
Come può essere modificato il reddito di cittadinanza per venire incontro a questa linea?
Oggi il reddito di cittadinanza ha una divisione di responsabilità tra i comuni e i centri per l’impiego che rende la misura molto difficile da governare. Una misura di politiche sociali, e non del lavoro, deve essere responsabilità innanzitutto dei Comuni. Bisogna dare un ruolo centrale ai Comuni, che poi collaboreranno anche coi centri per l’impiego.
E questo aiuterebbe anche ad avere un controllo, che è una delle polemiche mosse contro questa misura.
Sì, questo aiuterebbe ad avere un controllo, ma la questione dei controlli va migliorata perché il reddito di cittadinanza è stato introdotto molto velocemente all’inizio del 2019 prima delle elezioni europee e tutti all’epoca segnalavano le difficoltà di introdurre una misura così enorme senza approfondire tutti gli aspetti tecnici. E se introduci una misura così importante così velocemente senza aver dettagliato tutto, una delle conseguenze inevitabili è che rischi di avere un numero di frodi non indifferente.
Però sulle frodi e sui falsi poveri vorrei dire una cosa. Il governo, il Ministero del Lavoro e l’INPS hanno moltissimi dati sul reddito di cittadinanza, ma non li rendono pubblici. Questo impedisce il controllo democratico, che è un punto fondamentale. Bisogna dare all’opinione pubblica le informazioni per poter giudicare l’operato di chi è al potere, perché attualmente sulla questione delle frodi ognuno dice la sua sulla base dei singoli casi, ma non ci sono informazioni che permettono di esprimere un’opinione vagamente fondata.
Come affrontiamo oggi le nuove povertà che si stanno affacciando nella società italiana?
Purtroppo la soluzione è tanto nota quanto difficile. Andiamo verso una società che non solo ha un numero elevato di poveri, ma anche un numero sempre più elevato di persone che rischiano di cadere in povertà. E un domani combattere la povertà sarà sempre più difficile. Bisogna quindi lavorare sempre di più sulle politiche per prevenirla. Non è un caso che in Italia, che ha deboli politiche a sostegno delle famiglie con figli, la povertà sia estremamente diffusa in questo gruppo sociale. Diventerà, ad esempio, sempre più importante sviluppare i contributi economici e pacchetti di sostegni tali che il fatto di avere due figli non ti mandi in povertà.
La sfida di domani è sempre più non solo combattere la povertà, ma combattere anche l’insorgere della povertà e agire alla base per prevenirla.
(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 44)