Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Domenica 27 settembre 2020

Il racconto della giornata di domenica 27 settembre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai femminicidio, mai così numerosi come nell’ultima settimana, alla libertà negata ancora in Egitto a Patrick Zaki. In Svizzera il referendum boccia la legge anti-immigrati; torna la tensione militare nel Caucaso per il Nagorno Karabakh; negli USA la nomina di una giudice fondamentalista cristiana alla Corte Suprema preannuncia una stagione di battaglia politica inedita. Infine, i dati sull’evoluzione dell’epidemia di Covid 19 in Italia, nelle elaborazioni grafiche di Luca Gattuso.

Violenza di genere: una settimana nera

(di Claudio Jampaglia)

Una settimana d’agonia, per Mina, bruciata viva dal marito che si rifiuta  di rispondere ai magistrati. Sette giorni in cui le cronache continuano a registrare la stessa violenza domestica triplicata,  dice l’Osservatorio diritti, nel periodo di lockdown: ogni due giorni  un marito, un convivente, un fidanzato ammazza una donna. Sabato, a Venaria, alle porte di Torino, un 46enne, ha ucciso in strada la moglie, Maria Masi, e poi si è sparato. La donna viveva dai genitori con i due figli, per paura di lui che, dicono le cronache, non accettava la separazione. Il copione è simile a Genova, venerdì, ma la donna di 41 ani è sopravvissuta al tentativo di strangolamento con un cavo elettrico. Per farsi portare all’ospedale, aveva promesso al marito di non denunciarlo. Martedì, ad Aquileia nel basso friuliano, Marinella Mauler è stata uccisa in giardino da una coltellata sferrata con un arma da caccia dal marito. Lunedì, ad Avezzano, in provincia de L’Aquila, un medico di 70 anni ha accoltellato la moglie, prima di buttarsi dal quarto piano del balcone di casa. Anche qui gli inquirenti cercano il movente, che però è relativo. In una settimana, il catalogo è questo. Molto parziale perché qui si parla di omicidi o almeno tentati, e denunciati, poi c’è tutto il sommerso della violenza domestica. E qui sta il problema. La commissione nazionale sul femminicidio finiti i suoi lavori a luglio non è riuscita a ottenere un sostegno chiaro e diretto al solo luogo dove “le donne vittime di violenza vengono credute e ascoltate”, “l’anello più prezioso dell’intera catena, senza il quale il sistema non potrebbe reggere”, scrive la commissione, ovvero i Centri antiviolenza.  Pochissime risorse, programmate di anno in anno, con sistemi di accreditamento e regole diverse per ogni Regione, che in alcuni casi osteggiano più che promuovere l’attività dei centri e delle case rifugio. Ecco prima di continuare a raccontare l’orrore di queste cronache partiamo da qui. La più urgente e necessaria risposta.

Negata ancora la liberà a Patrick Zaki

Patrick Zaki resta in carcere. Per l’ennesima volta le autorità giudiziarie egiziane hanno detto no alla scarcerazione dello studente egiziano dell’università di Bologna. 

Zaki è detenuto per propaganda sovversiva da febbraio. L’udienza è stata rinviata a causa dell’assenza in aula dell’imputato. Dovuta a “ragioni di sicurezza”, perché nella prigione di Tora dove è detenuto nei giorni scorsi c’è stata una tentata evasione.  La prossima data fissata dai giudici è il 7 ottobre. 

Il governo italiano deve fare di più, è l’appello di Amnesty International:

 

Referendum Svizzera, gli elettori dicono no alla legge anti-immigrati

Gli elettori svizzeri hanno bocciato l’iniziativa della destra nazionalista sulla libera circolazione dei cittadini europei nel paese: la percentuale dei contrari è stata del 62%. 

Quello odierno è il quarto referendum, in 50 anni, con cui si è cercato di limitare l’accesso degli immigrati nella Confederazione, al fine di ridiscutere i patti con l’Unione Europea. 

L’Udc, il partito di destra promotore dell’iniziativa come 6 anni fa, ha ammesso la debacle. “Ha prevalso la clausola ghigliottina” ha detto la vicepresidente Celine Amadruz. 

“Per un’immigrazione moderata”, questo è il nome della proposta di legge, è stata respinta in quasi tutti i 26 cantoni e semi-cantoni con percentuali molto nette. A Basilea la proposta è stata rigettata dal 75% degli elettori. A Ginevra dal 69%. Le percentuali si ribaltano, però, nel Canton Ticino, dove lavorano oltre 60.000 italiani e dove i sì vincono con il 53%. 

Nell’audio l’analisi di Alan Crameri, giornalista della Radiotelevisione svizzera, sul voto ticinese e sulle prossime mosse della destra nazionalista:

 

Armenia-Azerbaigian, si torna a combattere nel Nagorno-Karabakh

Escalation di violenza nel Caucaso tra Armenia e Azerbaigian. Nella regione contesa del Nagorno Karabakh l’esercito azero ha bombardato le postazioni delle forze indipendentiste armene. Secondo la Turchia, storico alleato dell’Azerbaigian, l’attacco è una risposta all’offensiva notturna dei ribelli armeni che avevano abbattuto due elicotteri e alcuni droni. 

Secondo fonti di Baku sarebbero 16 i separatisti armeni uccisi nell’operazione. 

Nella regione autonoma è stata dichiarata la legge marziale, così come in Azerbaigian con il coprifuoco nella capitale Baku e in altre città. Entrambi gli schieramenti hanno parlato di “molte vittime” e feriti tra la popolazione civile. 

Appelli al “cessate il fuoco” sono arrivati dall’Italia, dall’Unione europea e dalla Russia. Anche l’Iran si è detto pronto a facilitare un negoziato tra le due parti chiedendo “la fine immediata del conflitto”. 

Il Patriarca Karekin II, Catholicos di tutti gli armeni, ha interrotto la sua visita ufficiale in Italia ed ha anticipato l’incontro con Papa Francesco. Ha riferito di volere rientrare in patria per stare vicino al suo popolo in questo momento critico. 

Su Twitter, il calciatore armeno della Roma Henrikh Mkhitaryan, da sempre impegnato politicamente in favore del suo paese, a poche ore dalla sfida contro la Juventus, ha commentato il momento difficile: “Chiedo alla comunità internazionale di alzarsi con urgenza e di aiutare a fermare le azioni militari contro la pace e la sicurezza regionali”. Nel maggio 2019 Mkhitaryan, che giocava nell’Arsenal, aveva saltato la finale di Europa League contro il Chelsea perché sede della partita era Baku. 

Il Nagorno Karabah è di fatto un enclave armeno in Azerbaigian che si è autoproclamato indipendente. La guerra per il controllo della regione è iniziata dopo la dissoluzione dell’Urss. Nonostante le mediazioni, non si è mai arrivati a una pace. Quella in corso è una delle peggiori crisi tra i due paesi negli ultimi anni. 

Battaglia in USA sulla nomina alla Corte Suprema

(di Roberto Festa)

Un gigante legale e una pioniera per le donne. Una fanatica ideologica. Non ci sono mezze misure per giudicare Amy Coney Barrett, che Donald Trump ha nominato alla Corte Suprema. La giudice è stata presentato da Trump alla Casa Bianca, davanti a un pubblico selezionato, al marito e ai loro sette figli. È una donna di straordinarie credenziali e di intelletto superiore, ha detto Trump. Barrett, 48 anni, ha parlato, ha reso omaggio alla giudice che lei dovrà sostituire, Ruth Bader Ginsburg. Ha detto che Ginsburg ha aperto la strada ai diritti femminili nel mondo. Mentre la cerimonia si svolgeva alla Casa Bianca, decine di organizzazioni progressiste si mobilitavano. Amy Coney Barrett, con il suo fanatismo ideologico e religioso, potrebbe essere una catastrofe per molti diritti costituzionali, è l’allarme. Si citano le passate opinioni legali di Barrett, per restringere I diritti dei migranti e allargare le tutele legali dei possessori di armi. Ma sono soprattutto le dichiarazioni anti-aborto di Barrett a preoccupare, dichiarazioni più volte reiterate da questa giudice cattolica, che fa parte di “People of Praise”, un piccolo gruppo di cristiani che crede nell’estasi. Inizia ora lo scontro al Senato, dove I repubblicani hanno la maggioranza per confermare Barrett. Ma la battaglia sarà soprattutto nella società, nell’America ulteriormente polarizzata dalla scelta di Trump. Trump che vuole confermare Barrett entro la fine di ottobre. La vuole alla Corte Suprema, nel caso lui non riconoscesse il voto elettorale, e la Corte fosse chiamata a decidere chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti. 

L’andamento dell’epidemia in Italia

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    Il 31 dicembre 2024 è stata una giornata tremenda per la musica italiana. La notizia della morte di Paolo Benvegnù ha colpito duramente le moltissime persone che negli anni sono state toccate dalle sue canzoni, dalla sua voce, dalla sua poesia, oltre che dalla sua straordinaria umanità. Lo amavano le persone che lo conoscevano grazie ai suoi dischi e ai suoi concerti, lo amavano le persone che avevano avuto modo di incontrarlo, di lavorarci, di parlarci anche solo per pochi minuti. Lo amavano i suoi amici, lo amava la sua famiglia, a cui vanno ancora oggi, a un mese dalla sua morte, tutta la nostra vicinanza e il nostro affetto. Radio Popolare ha ospitato molte volte Paolo Benvegnù nei propri studi, per interviste, minilive e concerti nell’Auditorium: ogni volta è stata speciale. Per questo, nella notte tra venerdì 31 gennaio e sabato 1 febbraio, Radio Popolare ha realizzato una trasmissione speciale in cui riproporre molte di queste registrazioni d’archivio: da un minilive degli Scisma del 2000 fino all’ultima apparizione di Paolo Benvegnù sulle nostre frequenze, l’11 ottobre 2024; in mezzo, altre interviste, un intero concerto in Auditorium e anche alcuni brani che arrivano da un altro archivio, quello di Radio Città del Capo di Bologna, grazie alla preziosa collaborazione di Francesco Locane. Quasi quattro ore di musica e di parole, tutte per Paolo Benvegnù. Che sarà sempre nei nostri cuori. A cura di Niccolò Vecchia

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    Una Notte Per Paolo Benvegnù - Prima parte

    Il 31 dicembre 2024 è stata una giornata tremenda per la musica italiana. La notizia della morte di Paolo Benvegnù ha colpito duramente le moltissime persone che negli anni sono state toccate dalle sue canzoni, dalla sua voce, dalla sua poesia, oltre che dalla sua straordinaria umanità. Lo amavano le persone che lo conoscevano grazie ai suoi dischi e ai suoi concerti, lo amavano le persone che avevano avuto modo di incontrarlo, di lavorarci, di parlarci anche solo per pochi minuti. Lo amavano i suoi amici, lo amava la sua famiglia, a cui vanno ancora oggi, a un mese dalla sua morte, tutta la nostra vicinanza e il nostro affetto. Radio Popolare ha ospitato molte volte Paolo Benvegnù nei propri studi, per interviste, minilive e concerti nell’Auditorium: ogni volta è stata speciale. Per questo, nella notte tra venerdì 31 gennaio e sabato 1 febbraio, Radio Popolare ha realizzato una trasmissione speciale in cui riproporre molte di queste registrazioni d’archivio: da un minilive degli Scisma del 2000 fino all’ultima apparizione di Paolo Benvegnù sulle nostre frequenze, l’11 ottobre 2024; in mezzo, altre interviste, un intero concerto in Auditorium e anche alcuni brani che arrivano da un altro archivio, quello di Radio Città del Capo di Bologna, grazie alla preziosa collaborazione di Francesco Locane. Quasi quattro ore di musica e di parole, tutte per Paolo Benvegnù. Che sarà sempre nei nostri cuori. A cura di Niccolò Vecchia

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    con Eros Galbiati attore in "Ritratto di un certo Oriente" di Marcelo Gomes; Uberto Pasolini regista di "Itaca - Il ritorno" e un contributo audio di Claudio Santamaria; Enrico Masi sul suo documentario "Terra Incognita". Tra le uscite: "Io sono ancora qui" di Walter Salles; "Babygirl" di Alina Reijn; "Simone Veil - La donna del secolo" di Olivier Dahan.

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    “I Girasoli” è la trasmissione di Radio Popolare dedicata all'arte e alla fotografia, condotta da Tiziana Ricci. Ogni sabato alle 13.15, il programma esplora eventi culturali, offre interviste ai protagonisti dell'arte, e fornisce approfondimenti sui critici e sui giovani talenti. L’obiettivo è rendere accessibile il significato delle opere e valutare la qualità culturale degli eventi, contrastando il proliferare di iniziative di scarso valore e valutando le polemiche sulla politica culturale.

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