Nella notte tra martedì e mercoledì un incendio ha devastato il campo profughi di Moria, nell’isola di Lesbo. Tra le tende e le baracche vivevano circa 13mila migranti, nonostante la capienza massima del campo fosse di circa 3mila persone.
L’unico presidio sanitario del campo è la clinica di Medici Senza Frontiere. Per la puntata di oggi di “Fino alle otto”, Sara Milanese ha raggiunto telefonicamente ad Atene Andrea Contenta, responsabile affari umanitari di Msf.
Un primo incendio aveva già distrutto buona parte del campo, questo secondo incendio ha peggiorato la condizione delle oltre 12mila persone che vivevano a Moria. Ieri inoltre la polizia ha sparato lacrimogeni contro i migranti, per evitare che scappassero. La situazione rimane molto problematica, e ancora una volta si usa la repressione, si impongono dei confini interni, e non ci si occupa invece della sicurezza delle persone.
Com’è nato il campo di Moria?
Moria nasce come un campo chiuso, ci sono due linee di recinzione, la polizia anti sommossa, questi sono i famosi hotspot, come ci sono anche in Italia. L’idea è quella di esternalizzare le frontiere, di contenere i flussi migratori, cioè le persone. La situazione che si è venuta a creare a Moria è il risultato di anni in cui ai richiedenti asilo sono stati di fatto negati i diritti fondamentali. Nel campo si sono contate fino a 20mila persone, a fronte di una capienza di sole 3mila.
Il campo di Moria è nato nel 2013, nel 2015 si è raggiunto il picco massimo di arrivi sulle coste greche; dal 2016 è intervenuto l’accordo tra Unione Europea e Turchia, con l’obiettivo di fermare i migranti. Infine, un anno fa c’è stato il cambio di maggioranza politica in Grecia, con i conservatori di Nuova Democrazia. Come si è comportato il nuovo governo greco?
Quella di Moria e del sovraffollamento dei campi in Grecia è un’emergenza ciclica, e nonostante il numero di arrivi sia diminuito negli anni, le politiche non sono cambiate: chi arriva sulle isole resta bloccato. Questa nuova amministrazione ha cambiato la legge sull’asilo, rendendola più restrittiva, e di fatto non si garantisce la tutela ai più fragili. Chi ottiene lo stato di rifugiato viene abbandonato, e da solo non riesce ad inserirsi nella società, e spesso decide di tornare a Moria, dove trova almeno una comunità di riferimento.
Dopo l’incendio, l’Unione Europea ha promesso aiuti, Berlino si è offerta di accogliere una parte dei migranti. Ma finora come si è comportata Bruxelles nei confronti della Grecia?
L’Europa ha continuato a “occuparsi” della Grecia: a marzo ha rinnovato ad Atene un fondo per 700 milioni di euro, di cui 280 da destinare alla costruzione di nuovi hotspot ancora più grandi, in grado di contenere ancora più persone in detenzione.
foto | Facebook MSF