Nicola Zingaretti è il leader politico che attende con maggiore preoccupazione le elezioni del 20 e 21 settembre. Ha tutto da perdere e poco da guadagnarci.
Solo se ci fosse un pareggio con il centrodestra (3 regioni a testa) potrebbe tirare un sospiro di sollievo. Ma i sondaggi dicono che sia più probabile un 4 a 2, con il PD e gli alleati del caso che mantengono Campania e Toscana. Se fosse così, per il segretario sarebbe una sconfitta. Non dovrebbe dimettersi, ma dentro il partito la sua leadership verrebbe messa in discussione.
Lo scenario peggiore delle elezioni prevede la perdita anche della Toscana: i sondaggi la danno in bilico e in quel caso, Zingaretti dovrebbe lasciare. Non potrebbe restare. Sarebbe una conclusione all’insegna del paradosso. Il segretario sarebbe la vittima di un’alleanza di governo con i 5 Stelle che un anno fa ha accettato solo perché i dirigenti del PD governisti gliela hanno praticamente imposta, ma sarebbe anche, allo stesso tempo, la vittima di un’alleanza politica ed elettorale che non è mai nata, nonostante lui lo abbia chiesto, visto che Di Maio l’ha di fatto rifiutata in queste elezioni. Elezioni da cui, poi, si è tenuto lontano. Come il furbo Giuseppe Conte, che non vuole pagare alcun pegno.
L’altro paradosso è che, in virtù dell’alleanza di governo, Zingaretti ha dovuto schierare il PD per il Sì, ma il partito è diviso. Tanti sono per il No. Qualcuno spera che questa confusione porti a un rimpasto di governo, qualcuno a un cambiamento di rotta nel partito. Zingaretti dovrà giocare le sue carte migliori per non annaspare.
Foto dalla pagina ufficiale di Nicola Zingaretti su Facebook