Si intitola 1944. È cantata da Jamala, cantante jazz che arriva dalla Crimea. È una canzone sulla deportazione dei Tatari di Crimea da parte di Stalin nel 1944. La canzone ha vinto il contest di canzoni Eurovision, nonostante la sua presentazione abbia provocato la dura reazione della Russia. In finale, Jamala ha sbaragliato la concorrenza dell’Australia, arrivata seconda, e della favorita Russia, che si è dovuta accontentare – con il suo cantante in gara Sergei Lazarev – del terzo posto (nonostante fosse favorita).
Jamala ha detto che con la sua canzone non vuole ricordare solamente il 1944 e la deportazione dei Tatari, ma vuole anche denunciare quello che è successo in questi anni in Crimea: l’annessione della penisola da parte della Russia all’inizio della crisi ucraina e ancora le discriminazioni ai danni dei Tatari in quest’ultimo periodo.
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La vicenda è importante perché dimostra una volta di più quanto sia profonda la frattura tra Russia e Ucraina, una frattura che è anche storico-culturale e che infatti ora si manifesta in chiave musicale.
Questo ultimo atto dello scontro tra Mosca e Kiev è particolarmente acceso anche perché la Russia ha fatto di tutto per vincere l’edizione di Eurovision di quest’anno. Uno sforzo che sarebbe stato deciso dai vertici politici per due motivi: mostrare all’Europa la potenza della Russia e sul fronte interno alimentare nuovamente il nazionalismo russo e la popolarità dello stesso Vladimir Putin.
Per l’occasione sarebbero stati spesi anche parecchi soldi, come mai in precedenza.
L’occidente e in generale una buona parte della comunità internazionale considera la Crimea ancora territorio ucraino, ma la regione è e rimarrà sotto lo stretto controllo dei russi. La nonna di Jamala venne deportata nel 1944. Lei non vive più in Crimea, ma il resto della sua famiglia sì.
Aggiornato dalla redazione web