Terza puntata di Memos dedicata all’analisi delle parti principali del testo di revisione costituzionale, il progetto “Renzi-Boschi”.
Quel progetto, con alcune modifiche, è stato approvato definitivamente dal parlamento un mese fa e sarà sottoposto a referendum confermativo. La data della consultazione non è stata ancora fissata. L’iter che porterà al referendum è ancora lungo. Come prevede l’articolo 138 della Costituzione ci sono tre mesi di tempo – dalla pubblicazione del testo sulla Gazzetta ufficiale, quindi fino al 15 luglio prossimo – per le richieste di referendum. Chi le può presentare? 500 mila elettori o un quinto dei membri di una camera o cinque consigli regionali.
Il comitato per il No presieduto dal costituzionalista Alessandro Pace (che raccoglie le firme di diversi giuristi come Massimo Villone, Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Paolo Maddalena ed esponenti politici di sinistra come Alfiero Grandi, Alfonso Gianni, Giovanni Russo Spena) ha già lanciato la campagna per la raccolta delle firme tra gli elettori. Altrettanto farà il comitato per il Sì: ieri Renzi, capo del governo e segretario del Pd, ha annunciato alla direzione del suo partito che la campagna per la raccolta delle 500 mila firme tra gli elettori partirà il prossimo 20 maggio, dopo i ballottaggi per le amministrative.
Gli ospiti di oggi a Memos sono stati Sabino Cassese e Valerio Onida.
Il professor Cassese è stato giudice costituzionale dal 2005 al 2014, esperto e studioso di diritto amministrativo, ministro della funzione pubblica nel governo Ciampi tra il ’93 e il ’94. Cassese ha un orientamento favorevole al progetto di revisione costituzionale.
Valerio Onida, costituzionalista, è professore emerito alla facoltà di giurisprudenza della Università degli Studi di Milano, è stato presidente della Consulta, giudice costituzionale dal 1996 al 2005. Il professor Onida è tra i 56 firmatari di un documento critico e contrario alla revisione costituzionale Renzi-Boschi.
L’intervista a Cassese e Onida si concentra sui tre-quattro punti principali del testo approvato dal parlamento.
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Come cambiano i poteri e la loro concentrazione: una sola Camera che dà la fiducia e lo Stato centrale che si riprende dalle Regioni la competenza esclusiva in molte materie;
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la formazione delle leggi: si semplifica in nome dell’efficienza, del superamento del bicameralismo paritario (al Senato resta una competenza legislativa limitata), oppure l’approvazione delle leggi si complica prevedendo sistemi multipli rispetto a quello oggi in vigore?
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Gli equilibri tra governo e parlamento: l’esecutivo finirà per avere un peso maggiore sui lavori delle camere? Il capo del governo, capo anche del partito maggioritario nell’unica camera che darà la fiducia (grazie all’attuale legge elettorale), finirà per accrescere il suo potere rispetto al capo dello stato?
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La partecipazione dei cittadini. Sarà più difficile l’iniziativa legislativa popolare: se passa la revisione ci vorranno 150 mila firme, anziché le attuali 50 mila. Sul referendum abrogativo si concede un abbassamento del quorum, ma al costo di una raccolta di firme più onerosa (si passa da 500 mila a 800 mila).
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Qui le puntate precedenti sulla legge di revisione costituzionale “Renzi-Boschi”: