Venerdì gli iraniani sono andati a votare per il secondo turno delle elezioni parlamentari.
Come abbiamo già scritto, i moderati si sono guadagnati il 42 per cento dei seggi e, con l’aiuto degli indipendenti, avranno la maggioranza del parlamento.
Interessante il dato sulla presenza femminile nel parlamento della Repubblica islamica: se nella legislatura uscente le deputate erano soltanto nove, nelle elezioni di febbraio ne sono state elette, al primo turno, tredici e al ballottaggio di venerdì hanno vinto in tre. Saranno quindi diciassette, un record per la Repubblica islamica.
Diciassette deputate sono una bella notizia, ma non si tratta ancora di un vero cambiamento. Quello delle donne in politica è comunque un percorso a ostacoli. Al telefono da New York, dove vive in esilio, l’attivista iraniana Masih Alinejad mi racconta i retroscena di queste elezioni che ha seguito da vicino.
Il primo caso eclatante è quello di Mino Khaleghi: aveva vinto al primo turno ma il Consiglio dei Guardiani l’aveva squalificata, dopo la vittoria elettorale, perché aveva osato stringere la mano a un uomo in occasione di un viaggio in Cina. Il presidente Rohani non ha certo preso le sue difese.
Altro caso che desta preoccupazione è quello di Parvaneh Salahshor, anche lei eletta deputata: aveva rilasciato dichiarazioni contro il velo, obbligatorio nella Repubblica islamica, era stata ripresa dai vertici (conservatori) della Repubblica islamica e costretta a smentire in pubblico.
Un caso, quello di Parvaneh, che sta molto a cuore all’attivista Masih Alinejad nota per aver lanciato su Facebook la campagna Stealthy Freedom in cui invita le donne (non solo le iraniane, anche le turiste straniere) a postare sulla sua pagina le proprie foto con i capelli al vento, senza il velo reso obbligatorio nella Repubblica islamica proprio… dall’attuale presidente “moderato” Rohani.