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- Tratto dal podcast Cultura |
Il caso Mafia City è stato sollevato dal deputato del Partito Democratico Carmelo Miceli, che ha annunciato un’interrogazione parlamentare per chiedere l’oscuramento in Italia del videogioco per smartphone perché, a suo dire, può portare i più giovani ad emulare i comportamenti violenti del gioco.
È davvero così? I videogiochi influenzano il rapporto dei giovani con la violenza? Ne abbiamo parlato a Prisma col professor Federico Tonioni, responsabile del Centro di Psicopatologia da web della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma. L’intervista di Lorenza Ghidini e Claudio Jampaglia.
Quanto un videogioco violento può influenzare il rapporto di un ragazzino con la violenza?
Per me non può influenzarlo. Chi è carico di rabbia è perché ha conosciuto l’odio da piccolino, non perché gioca ad un gioco piuttosto che ad un altro. I genitori fanno bene a filtrare secondo la loro cultura e l’ambiente in cui i bambini crescono alcuni contenuti rispetto ad altri. Le faccio un esempio che riguarda ogni genitore: dare una regola ad un figlio senza chiedersi a che serve è a volte un atto di superficialità. Se noi diamo regole ai figli per ridurli all’obbedienza e vincere su di loro, i bimbi accumulano rabbia. E questo non serve a niente. Ogni regola dovrebbe innescare una trattativa in cui ogni bambino non si sente vinto. La rabbia è alla base della maggior parte dei sintomi clinici in adolescenza.
Nella mia esperienza chi gioca molto spesso o ha segni di ritiro sociale in concomitanza con 18 ore di gioco al giorno, in realtà è perché ha trattenuto la rabbia. Sono giovani pieni di rabbia e il gioco non è che gliela innesca, ma opera da detonatore. Quando un genitore disperato sottrae la console al proprio figlio, le cose peggiorano immediatamente perché questa rabbia non è più detonata ed esplode in una serie di gesti di aggressività auto-diretta o etero-diretta o, peggio ancora, si somatizza o si concretizza in un depressione. Il gioco, dal mio punto di vista, non è in grado di generare questa rabbia. Confondere la fantasia con la realtà è qualcosa di salutare per la nostra mente, lo facciamo in qualsiasi momento anche noi in un momento di distrazione. Chi veramente confonde la fantasia con la realtà non sono gli adolescenti, ma sono gli psicotici, che hanno in quello il fulcro della loro patologia. È vero, fare i genitori è difficile e se da una parte c’è un adolescente è inevitabile che dall’altra parte ci sia un genitore in crisi, ma questa è una buona notizia perché un adolescente ha solo a disposizione l’adolescenza per viverla e fare un certo tipo di esperienza e soprattutto per mantenere una distanza dai genitori che in adolescenza è una scelta obbligata, altrimenti non si cresce.
Di quale dipendenza si occupa la psicopatologia da web?
Bella domanda! Diciamo che non si occupa di dipendenze, ma di fase di abuso. Dobbiamo considerare che dietro ad ogni dipendenza c’è sempre un’angoscia più profonda. E, paradossalmente, la dipendenza si pone sempre come un tentativo, disfunzionale e destinato a fallire, di riduzione del danno. Se un ragazzino smette di giocare progressivamente perché cresce, capisce delle cose e si sente risarcito affettivamente, secondo me è un percorso sano. Se un ragazzino di colpo non ha più l’alternativa a qualcosa di peggiore, la situazione precipita. È un atto violento, anche se a fin di bene, perchè non tiene conto dei tempi degli adolescenti, dei bambini e, nel caso peggiore, dei pazienti. I tempi delle persone per cambiare vanno assolutamente rispettati. La fretta è violenza di per sé in questo senso. Per chiunque è difficile mantenere un equilibro, tutti noi abbiamo le nostre abitudini e il confine tra un’abitudine a cui teniamo molto e una dipendenza sana o patologica è sempre molto sottile. Dobbiamo imparare un pochino ad essere tolleranti con noi stessi, perché se ce la mettiamo tutta abbiamo anche diritto di fare degli errori come i genitori. I ragazzi dal mio punto di vista sono meravigliosi. Io sto con gli adolescenti molto spesso durante la settimana e non ho problemi a dire che dal mio punto di vista sono le persone più serie con le quali io parlo. Le persone della mia età non mi danno tante volte la stessa sensazione di purezza.
I videogiochi possono essere anche un metodo formidabile di apprendimento per la didattica scolastica del futuro, che è completamente non sincronizzata con il profilo cognitivo dei nostri figli. Questo non ci deve spaventare, perché è un’evoluzione e non un problema.
(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 60)