Nell’ecatombe di grandi protagonisti della musica di questi primi mesi del 2016, che sembra toccare in maniera si direbbe equanime tutti i generi, entra oggi purtroppo anche la musica africana, di cui Papa Wemba era uno degli esponenti più noti a livello internazionale.
A cavallo fra anni Sessanta e Settanta, Wemba è stato uno dei protagonisti della rivoluzione che col gruppo Zaiko Langa Langa ha trasforma la rumba del Congo-Zaire, che fin dagli anni Cinquanta era il più importante filone musicale di tutto il continente nero: accelerando il ritmo, indirizzandosi ad un gusto più giovanile e incrementando gli aspetti coreografici delle esibizioni, Zaiko Langa Langa inaugurò una nuova stagione di grande popolarità della rumba, in cui poi però le novità introdotte da questo gruppo sono state sempre più esasperate, e la rumba – ormai chiamata soukous – si è sclerotizzata in un arido intrattenimento di bassa lega.
Wemba, che negli anni Settanta aveva fondato il proprio gruppo Viva la Musica, è riuscito in maniera significativa a sfuggire a questa deriva, con un soukous sì aggiornato, ma anche governato dal buon gusto, e nobilitato da una elegante vena melodica e dal suo godibilissimo stile come vocalist, molto congozairese ma anche inconfondibilmente personale.
Popolarissimo nel suo paese e nella diaspora congo-zairese, Wemba negli anni Ottanta assurse anche a “re della sape”, il grossissimo fenomeno del dandysmo congolese, fra l’altro abbondantemente imperniato sul culto per firme italiane come Armani, Versace, Ferré.
Negli anni Novanta tre suoi album furono pubblicati dalla Real World di Peter Gabriel, e ci piace ricordarlo nel ’92 protagonista di Extrafesta di Radio Popolare.
Nel 2004 Wemba fu imprigionato per tre mesi in Francia per l’accusa di aver introdotto illegalmente degli immigrati facendoli passare per membri della sua band, e analoghi problemi ebbe in Belgio.
Il rapper francese Youssoupha, figlio di Tabu Ley Rochereau, una delle più grandi figure della rumba zairese, ha commentato in un tweet: Papa Wemba “è stato l’icona della nostra cultura, del nostro stile di vita”.