Foreste, una selva di centinaia di migliaia di alberi, un ininterrotto manto vegetale che colora di verde uno dei tratti appenninici meglio conservati d’Italia. Un abbraccio naturale che salda la Toscana di Arezzo e Firenze alla Romagna di Forlì e Cesena. Una immensa cerniera di abeti e faggi che uniscono i rilievi morbidi del Casentino e dell’Alto Mugello, con le loro valli aperte e punteggiate di pievi e castelli medioevali, al rugoso versante romagnolo, con le case coloniche, i mulini, le chiese di campagna e le infinite cascatelle che danno origine al fiume Tramazzo, al Montone, al Rabbi e al nervoso Bidente.
E sono proprio questi alberi il patrimonio ineguagliabile del “Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, monte Falterona e Campigna“, un’area di 36.426 ettari coperta per l’ottanta per cento da boschi. Un’area ampia in cui vivono poche miglia di abitanti perché dagli anni Sessanta, con le sirene del benessere, ha vissuto un grande spopolamento.
Alcuni lasciarono la montagna per andare a coltivare la terra nel piano, dove la fatica è minore. Qualcuno addirittura lasciò la terra per sempre, andando a fare l’operaio in fabbrica. In montagna per qualche tempo rimasero le donne e i vecchi. Poi se ne andarono anche loro. Oggi sono numerosi i borghi abbondati inseriti (o nelle immediate adiacenze) del Parco.
Essendoci un collegamento tra paesaggio-uomo e natura, quando l’uomo se ne è andato il territorio si è preso una rivincita. La montagna ha vissuto un processo di rinaturalizzazione, non essendo più tagliati dall’uomo sono aumentati gli alberi di grandi dimensioni e arbusti selvatici crescono tra i ruderi di case abbandonate. Ma all’interno del Parco c’è anche un segmento che non ha mai avuto contatti con l’uomo. È la Riserva naturale integrale di Sasso Fratino. Una foresta vetusta tra le più pregiate, intorno alla quale è nato il Parco. Nella maggior parte delle foreste il destino degli alberi è fortemente condizionato dalle azioni antropiche, quali tagli e incendi.
A Sasso Fratino, dove gli uomini non possono accedere, gli alberi nascono, crescono e invecchiano per secoli seguendo le leggi della Natura. Qui i faggi possono superare i quattro e, addirittura, i cinque secoli di età. Sono alberi coevi di Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci. Il rinvenimento di faggi così vetusti, al limite della longevità per le latifoglie decidue, ha fatto entrare Sasso Fratino nella top 10 delle foreste decidue più antiche dell’Emisfero Nord.
Un eremo naturalistico a cui fanno da contrappasso eremi che come Sasso Fratino sono luoghi dello spirito, ma sono abitati da uomini che danno valore all’ascolto, alla riflessione, al dialogo personale non finalizzato agli obiettivi immediati da raggiungere. Coltivano il silenzio e da sempre sono e vivono in armonia con la natura. Uomini che trascorrono molte ore della giornata nella preghiera, talvolta in rigorosa solitudine, ma conservano l’antica regola di dare ospitalità a chi cerca una pausa di pace nella loro cittadella dello spirito.
Il più famoso di questi avamposti religiosi è a Camaldoli ed è costituito da un grande monastero e da un piccolo eremo, distante tre chilometri. Gli abitanti sono monaci della Congregazione camaldolese dell’ordine di San Benedetto. Qualche giorno in eremi naturali o spirituali come questi sono una opzione da non scartare a priori.