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Tratto dal podcast
Fino alle otto di gio 09/07
Coronavirus | 2020-07-09
Da giorni si parla dei numerosi casi di persone positive al COVID-19 giunte in Italia con voli speciali da Dacca, in Bangladesh, al punto da spingere il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il Ministro della Salute Roberto Speranza ad interrompere i voli tra l’Italia e il Bangladesh per almeno una settimana.
Abbiamo sentito Silvia Rovelli, cooperante italiana che si trova a Dacca, per capire come sta evolvendo l’epidemia in Bangladesh. L’intervista di Sara Milanese a Fino Alle Otto.
Ci risulta che l’epidemia in Bangladesh sia esplosa un po’ in ritardo rispetto all’Europa. Qual è la situazione in questo momento?
La pandemia è scoppiata molto in ritardo rispetto all’Europa, addirittura tra maggio e giugno, e i casi stanno aumentando in questo periodo anche se non ci sono numeri esatti sulle persone infette e sui deceduti.
Si riesce a fornire assistenza ai malati che vengono individuati o ci sono fasce della popolazione che sono escluse?
Direi che la maggior parte della popolazione è esclusa, considerando che su 170 milioni di abitanti sono in pochi ad avere la possibilità di accedere al sistema sanitario. Chi vive nelle zone rurali o al di fuori dei grandi centri urbani non ha possibilità né di effettuare i test né di sapere con precisione le cause dei decessi. Fino ad ora sono stati individuati circa 165mila casi e solo circa 2.000/2.500 morti per COVID riconosciute. Sono dati abbastanza diciamo irrealistici se si considera il numero della popolazione e le condizioni in cui vivono molti di loro, in situazioni di sovrappopolazione in ambienti ristretti e senza possibilità di distanziamento fisico.
Che misure sono state prese dal governo?
C’è stata una fase di lockdown da fine marzo a fine maggio, poi all’inizio di giugno il governo ha deciso di eliminare queste restrizioni mentre i casi sono iniziati ad aumentare più seriamente. Verso la metà di giugno, visto l’aumento dei casi, il governo ha deciso nuovamente di identificare alcune zone rosse e di metterle in lockdown, ma le misure in realtà non vengono rispettate da tutti. Le persone circolano senza mascherina e si muovono tra i diversi distretti senza seguire le relative misure di quarantena e per questo è difficile riuscire a controllare il virus.
Dal tuo punto di vista la situazione è più difficile in città o nelle comunità rurali?
Ci sono ragioni diverse per entrambi i contesti. Nella capitale, dove la gente vive più ammassata, sicuramente il virus si sta propagando più rapidamente, ma la gente è anche più informata. Nelle zone rurali la gente vive più separata, ma non ha così facile accesso alle informazioni. In questo momento in entrambi i casi la gente non considera il virus così pericoloso e non prendere seriamente le misure che vengono imposte.