“Dietro ad ogni migrante non c’è un numero, ma persone, volti, nomi, storie. E viaggi disumani, organizzati da vili aguzzini”; per arrivare in Europa attraverso il mare Egeo. Nell’Europa dei muri, però, quelli che per Bergoglio sono “un’illusione, creano solo divisione e, alla lunga, scontro”.
Papa Francesco oggi è stato a Lesbo, un viaggio di poche ora nell’isola che è diventata il simbolo, durante gli ultimi lunghi mesi, della crisi dei profughi e di come la Grecia abbia cercato di ospitarli tutti. Pur tra mille contraddizioni ed errori.
José Bergoglio è stato invitato dall’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Ieronimos. Ad accoglierlo, anche il Patriarca di Costantinopoli, il capo spirituale della chiesa ortodossa. Un ex profugo anche lui, nativo di Tenedo, isola che, nonostante la sua grecità culturale passata, appartiene alla Turchia da meno di un secolo. È storia, ormai, ma di quella di cui ci si ricorda. Almeno qui, a Lesbo, dove i nonni delle generazioni più giovani sono arrivati come profughi, appunto. Nel 1922, dall’Asia Minore, le coste dell’odierna Turchia.
Proprio lui, il Patriarca di Costantinopoli, dall’hot spot di Moria, dove i tre gerarchi hanno incontrato un centinaio di persone in fuga dalla guerra e dalla miseria, ha detto che “questa non è la fine della storia; il Mediterraneo non è una tomba, ma un crocevia di civiltà”.
I morti dell’Egeo sono stati un tema ricorrente dell’incontro odierno: per loro, il Papa, l’Arcivescovo e il Patriarca hanno gettato corone di fiori nelle acque di Mitilene e per loro hanno pregato, in una funzione che passerà nella storia – almeno quella canonica, quando scopo espresso dei capi di buona parte del cristianesimo è stato quello di mandare un messaggio politico. Di solidarietà, pace e dignità, chiamando in causa l’ONU stessa, come ha fatto Ieronimos.
Contro i muri e contro i respingimenti verso la Turchia: da poche ore Papa Francesco è partito in compagnia di dieci siriani, scelti per estrazione tra quelli rimasti imprigionati per essere arrivati a Lesbo poco prima dell’accordo con la Turchia.