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Tratto dal podcast
Ora di punta di mer 17/06 (prima parte)
Coronavirus | 2020-06-17

Uno studio realizzato dall’Ospedale Gaslini di Genova sui bambini al tempo del COVID-19 ha evidenziato che 7 bambini su 10 sono regrediti durante il lockdown. All’indagine hanno partecipato 6.800 persone, di cui circa 3.200 con figli minori. I risultati hanno rivelato che il 65% dei bambini sotto i 6 anni e il 71% di quelli sopra i 6 anni hanno subito disagi e problematiche legate alla regressione durante il lockdown: pianto inconsolabile, paura del buio, difficoltà ad addormentarsi o ansia da separazione.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Cristina Venturino, responsabile del Centro psicologia del Gaslini di Genova. L’intervista di Diana Santini a Ora di punta.
Lo studio a cui lei fa riferimento è un sondaggio che abbiamo lanciato su una piattaforma Google nelle prime settimane del lockdown. L’obiettivo era quello di cercare di rilevare l’impatto della situazione di pandemia e di emergenza sulle famiglie e, in particolare, sui bambini. A questo questionario hanno risposto 6.800 persone da tutt’Italia, di cui 3.251 hanno dichiarato di avere figli. La cosa che è emersa dalle risposte a questo questionario è che nel 65% dei bambini con età inferiore ai 6 anni e nel 71% di quelli sopra i 6 anni sono emerse in questo periodo problematiche comportamentali e sintomi di regressione durante il lockdown, comportamenti più di tipo infantile in bambini che avevano già acquisito delle autonomie superiori. In particolare i disturbi maggiormente presenti nei bambini più piccoli sono l’aumento delle irritabilità, i disturbi del sonno e i disturbi d’ansia, come ad esempio angosce di separazione. Nei bambini più grandi troviamo più frequentemente disturbi somatici, cioè disturbi fisici che esprimono una componente di stress emotivo, come mal di pancia, mal di testa, disturbi del sonno o disturbi dell’alimentazione.
Sono disturbi che avete visto arrivare anche in ospedale? Ne avete avuto conferma dal punto di vista clinico?
Sono disturbi che stiamo iniziando ora a vedere ed è per questo che abbiamo pensato di aprire un ambulatorio, che abbiamo chiamato ambulatorio post-emergenza, che è proprio finalizzato ad intercettare già in fase di accesso in ospedale quelle condizioni di disagio che sono comparse o si sono accentuate in concomitanza col periodo dell’emergenza. Nel momento in cui il bambino accede al pronto soccorso per una sintomatologia dolorosa o somatica e viene valutato dal pediatra, che riscontra che non c’è una causa organica al disturbo ma tutta una serie di indicatori che ci fanno pensare che possa esserci una situazione emotiva legata alla recente emergenza, questo bambino può essere visitato all’interno di un percorso semplice e snello da un neuropsichiatra e uno psicologo per individuare le risposte più utili.
Senza arrivare agli accessi in pronto soccorso, e quindi ai disturbi più gravi, cosa dovrebbero fare i genitori se notano che i propri figli stanno manifestando la sintomatologia di cui abbiamo parlato?
Nella maggior parte dei casi si tratta di situazioni transitorie e temporanee che rientrano in delle difficoltà di adattamento dei bambini: inizialmente difficoltà di adattamento alla situazione di chiusura in casa, di sospensione di tutte le attività di socializzazione ed ora una difficoltà ad uscire da questa sorta di tana sicura che è diventata la propria abitazione per riprendere la vita di sempre. Alcuni bambini più flessibili e adattivi reagiranno in maniera più rapida, mentre altri bambini avranno bisogno di un po’ più di tempo, un po’ come se si dovesse fare un reinserimento.
In un certo senso vale lo stesso anche per gli adolescenti e gli adulti.
Una cosa di cui dobbiamo tenere conto è che siamo stati esposti per mesi ad una situazione di allerta, di pericolo e a messaggi di rischio per la nostra salute. Questa è una situazione che ha lasciato dei segni anche in noi adulti. Noi dal punto di vista cognitivo ed emotivo no funzioniamo come degli interruttori che si accendono e si spengono. Abbiamo bisogno di rassicurarci e non è facile farlo rispetto ad una situazione in cui non ritroviamo fuori il Mondo di prima: ritroviamo un Mondo in cui bisogna stare distanziati, portare le mascherine e il confronto con l’estraneo può anche essere una fonte di ansia per un genitore. Immaginiamo un genitore che porta un bambino al parco giochi, oggi probabilmente reagisce in modo diverso di fronte a due bambini che non si conoscono ed iniziano a giocare insieme. Siamo tutti più in allerta.