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Tratto dal podcast
Prisma di mar 09/06 (terza parte)
Economia | 2020-06-09
Cosa sono e a cosa servono gli Stati Generali convocati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte? Ne abbiamo parlato col professor Carlo Galli, politico e politologo dell’Università di Bologna.
L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni a Prisma.
Gli Stati generali sono stati convocati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte con l’obiettivo di discutere di come utilizzare i fondi che arriveranno dall’Europa. È un’iniziativa che porterà qualcosa di buono?
Vi è un collegamento diretto tra la debolezza del governo e questa idea degli Stati generali dell’economia. È evidente che si tratta di una mossa del capo del governo per trovare uno spazio politico che di fatto gli si sta restringendo. Dobbiamo risalire alla motivazione iniziale dell’esistenza di questo governo: impedire il ritorno alle urne dopo la crisi del governo M5S-Lega, ma non si è mai capito bene quale fosse l’indirizzo politico. Tutto ciò è stato messo parzialmente in ombra dall’emergenza coronavirus. Riprendendo un po’ di normalità, questo Paese è rimasto dov’era prima. Si tratta ancora di chiedersi dove sta andando e che cosa vuole fare di se stesso. Da una parte vi sono coloro che dicono che la domanda non si pone e che tutto è già stato deciso, ma dall’altra vi sono imponenti contraddizioni dentro la nostra società che chiedono di essere in qualche modo risolte affinché non vengano alimentate continuamente e sempre di più forze presunte antisistema.
Tutto questo rende il governo privo di respiro. Vi sono coloro dentro il governo, come il Partito Democratico, che dicono che si tratta solo di mettere una firma e accettare il MES così da vincolare anche il governo futuro ad una serie di logiche macroeconomiche europee, ma vi sono coloro, come il Capo del Governo, che hanno l’idea di trovare uno spazio autonomo fuori dalla compagine pentastellata che è in disfacimento. Per Conte è vitale trovarsi uno spazio intermedio e questa faccenda degli Stati Generali risponde palesemente a questa esigenza, molto più che all’esigenza dell’economia, prima di tutto perché l’economia non ha ancora la minima dell’esistenza e dell’entità di eventuali aiuti europei e non sa se questi aiuti saranno a fondo perduto o in forma di prestito. Il Recovery Fund, se arriverà, arriverà in forme che ancora non conosciamo perché è soggetto ad una serie di passaggi politici di cui non abbiamo il controllo. E comunque arriverà sotto forma del bilancio dell’Unione Europea dal 2021 in poi, quindi c’è sostanzialmente un anno che dovrebbe essere riempito dal MES, che è ciò che spaventa qualcuno. Non abbiamo ancora idea dell’entità della spesa e in ogni caso il MES non è altro che finanziamento di debito e quindi poi si tratterebbe di rientrare di questo debito: chi paga il rientro dal debito? Queste sono questioni economiche, ma sono anche questioni essenzialmente politiche. Si tratta di individuare coloro che devono perdere e coloro che invece devono vincere questa partita. Di solito nelle liberaldemocrazie avanzate le grandi questioni politiche dovrebbero essere discusse nella sede della rappresentanza politica nazionale, cioè in Parlamento, attraverso dei canali politici capaci di porre in collegamento la politica e la società. Questo dovrebbe essere il core business della politica.
Pensare che questo tipo di problemi possano essere risolti attraverso uno strumento informe, incerto e del tutto arbitrario come i cosiddetti Stati Generali dell’economia vuol dire prima di tutto dare spazio ad un’esigenza sostanzialmente personale del Capo del Governo e contribuire a smantellare ulteriormente l’apparato istituzionale di questo Paese. Se gli Stati Generali avessero una minima possibilità di successo vorrebbe dire che le grandi decisioni di questo Paese non passano attraverso il Parlamento. Mi piacerebbe capire chi viene invitato agli Stati Generali. Mentre in Parlamento non si è invitati, ma eletti, agli Stati Generali si è inviati o invitati. Chi invita chi? Con quale criterio e con quale fine? Di fatto sarà una serie di interventi dove ciascuno invoca per sé una quantità di aiuti, sovvenzioni, agevolazioni e finanziamenti superiore a quella che deve andare a qualcun altro. È una situazione che denota soltanto grande confusione e grande debolezza da parte del centro politico della nazione.
Cosa si aspetta dal Partito Democratico? Continuerà a tenere in piedi questa maggioranza per paura delle elezioni o inizia a diventare sconveniente e faticoso supportare Conte e i Cinque Stelle?
Il Partito Democratico è vocazionalmente governativo ed europeista, quindi proverà fino in fondo a rimanere al governo e a portare l’azione di governo ad allinearsi con quanto richiesto dall’Europa. Certamente la variabile vera è la debolezza economica del Paese. Se questa debolezza permane e si accentua, verosimilmente vi saranno spinte sociali davanti alle quali qualcuno, o il PD o il Movimento 5 Stelle, crollerà perché non sarà in grado di gestirle e penserà che sia più utile arrivare a un reset politico della situazione. Penso che sia l’ultima chance. Teniamo anche conto che si profila ormai un semestre bianco e del fatto che in autunno ci sono importanti elezioni amministrative regionali che possono essere un segnale per chi è al governo. Teniamo anche conto del fatto che ci sarebbe un referendum, ora sospeso a causa del coronavirus e che dovrà rientrare in campo e questo potrebbe essere un aiuto per rinsaldare il governo e la maggioranza. Se davvero le cose andranno male e si dovrà arrivare a delle manovre economiche lacrime e sangue, ho l’impressione che questo governo non sia in grado di gestire una situazione di questo tipo.
Foto | Governo