Conte ha due cose ben chiare: la prima è che con l’allentarsi della tensione per il coronavirus potrebbero rimettersi in moto le forze che vorrebbero un altro governo e che farebbero leva sulla crisi economica da affrontare con strumenti diversi dal Conte-bis. Perché la crisi economica potrebbe avere effetti devastanti, soprattutto sul lavoro, già a breve termine. Ed è questa la seconda cosa che Conte ha ben chiara: arriva un’ondata che non è la malattia, gli ospedali, i morti ma è la disoccupazione, le aziende che licenziano o che chiudono, i consumi che crollano.
Ecco perché ieri ha elencato un vero e proprio programma di governo, tutto incentrato sull’economia. Soldi, soldi, soldi. Dall’Europa, per gli investimenti nei settori strategici e per il rilancio della produzione. E una porta aperta a Confindustria, al netto della schermaglia verbale.
Ci sono gli italiani cui dare risposte e Conte ha persino chiesto scusa, per i sussidi che non stanno arrivando ai disoccupati, ai precari, agli autonomi. La rabbia cresce, per adesso è solo qualche pagliacciata in strada ma potrebbe non essere così in autunno. Bisogna blindare il governo e non sbagliare più. Fino a oggi il governo ha promesso molto e fatto molto meno. Serve altro. Lo dice pure Goffredo Bettini, potere forte dentro al Pd, grande sponsor del governo: “Non basta più ciò che abbiamo fatto insieme fino ad ora -ha scritto- ci vuole una strategia di ripresa”.
Più che una minaccia, la preoccupazione che il volto rassicurante di Conte, da solo, non funzioni più