Un percorso verso l’inferno, nell’Egitto degli anni più recenti. Una madre che racconta la propria storia e quella dei suoi figli a partire da tredici anni fa, gli anni che il regista Mahmood Soliman ha impiegato per girare il suo documentario We’ve never been kids, vincitore del primo premio del concorso Finestre sul Mondo all’ultimo Festival di Cinema Africano d’Asia e America Latina di Milano. Già premiato in altri festival, tra cui quello di Dubai, Non siamo mai stati bambini ha appena ricevuto a Milano il premio ex aequo con Madame Courage dell’algerino Merzak Allouache.
E’ la storia narrata da Nadia, una madre coraggio che vive nella miseria con i suoi tre figli e in questi tredici anni che scorrono nel film, Soliman documenta attraverso due generazioni il declino sociale, politico e economico dell’Egitto, negli anni più caldi della sua storia moderna. Studente modello da piccolo, il primogenito Khalil non riesce ad uscire dalla morsa della povertà, cambia vari lavori fino a desiderare di unirsi all’ISIS.
Mahmood Solimane, prima di dedicarsi al cinema come produttore e regista, ha realizzato documentari e show per la televisione per la TV di Stato e per Al Jazeera. L’evoluzione del suo Paese l’ha vista da vicino ed è riuscito a raccontarla attraverso l’arte e la bellezza, muovendosi tra i sobborghi del Cairo e Piazza Tahrir, tra povertà e proteste.
Ospite a Radio Popolare all’indomani della premiazione al FCAAL, il regista ha spiegato qual è il contesto socio politico in cui si svolge il film e com’è cambiato nel tempo, le differenze generazionali tra tradizione e progresso e in che modo l’attualità irrompe nel film. Su quale sia la sua idea riguardo a quello che sta accadendo in Europa e nel mondo, come molti arabi in Italia e altrove, ha sentito la necessità di chiedere scusa e di dissociarsi, motivo per cui soltanto attraverso la cultura e il dialogo, e non con le armi, secondo Mahmood, si può contrastare il terrorismo.