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Tratto dal podcast
Fino alle otto di lun 01/06 (terza parte)
Fino alle otto | 2020-06-01
Gli Stati Uniti sono in rivolta ormai da giorni, da quando lunedì scorso si è registrato l’ennesimo omicidio in un cittadino afroamericano, 46enne George Floyd, da parte delle forze dell’ordine durante un arresto.
Da Minneapolis, dove Floyd è stato soffocato da un agente che ora sarà processato per omicidio, le proteste e le rivolte si sono diffuse a macchia d’olio in tutto il Paese. Ne abbiamo parlato oggi col giornalista e documentarista Luca Celada da Los Angeles.
L’intervista di Serena Tarabini a Fino Alle Otto.
In che modo sta vivendo queste giornate la città di Los Angeles?
Los Angeles è passata dal lockdown per la pandemia al coprifuoco, una transizione surreale che sovrappone due crisi senza precedenti. Qui sono da poco passate le 22 e ancora una volta, per il terzo giorno consecutivo, ci sono state varie manifestazioni in diversi quartieri della città. Oggi è stato il turno di Santa Monica e di Long Beach e di nuovo il centro della città. Manifestazioni pacifiche in parte, inizialmente pacifiche, che poi sono degenerate in cariche della polizia, assalti alle vetrine, saccheggi e una specie di battaglia campale che si è riproposta in diverse zone della città.
Tutto questo malgrado da ieri sera fossero presenti in città reparti della Guardia Nazionale chiamati dal sindaco di Los Angeles e dal governatore della California, come in almeno un paio di dozzine di città americane. La situazione è paradossale e non ha precedenti. Gli Stati Uniti sono in fiamme e mentre accade tutto questo, nato dall’assassinio di lunedì scorso di George Floyd a Minneapolis, l’immagine forse più simbolica è stato l’assedio, che si è rinnovato oggi per il terzo giorno consecutivo, della Casa Bianca: una grande folla ha cinto d’assedio la sede del potere presidenziale americano ed è arrivata ad incendiare la garitta della Casa Bianca, mentre il Presidente era apparentemente portato nel bunker di quell’edificio.
Un’immagine che rende un po’ l’idea della situazione fuori controllo e del vuoto che c’è attualmente al vertice di questo Paese: un presidente che ancora non si è proferito ufficialmente, non ha parlato al Paese e si è limitato a spedire i famosi tweet che sono stati infiammatori. Questa in breve è la situazione di questa sera.
Rispetto al passato, a te sembra che questa volta ci sia un elemento in più che faccia pensare ad una durata maggiore delle proteste e conseguenze più gravi?
Assolutamente sì. Chi era qui a Los Angeles per le rivolte del 1992 lo ricorda bene, al quarto giorno c’erano stati già 60 morti. Questa volta, grazie al cielo, ci sono stati due o tre decessi in tutto il Paese, ma rispetto alla scala nazionale è poco. Le rivolte a sfondo razziale negli Stati Uniti hanno una fenomenologia precisa, hanno una radice nel razzismo sistemico e nella disuguaglianza razziale, ma è vero che questa situazione è senz’altro senza precedenti perché si sovrappongono molte cose. Si sovrappone quella tematica prettamente razziale, la violenza tremenda della polizia nei confronti dei cittadini afroamericani. Dal 2015 ci sono stati circa mille morti per polizia all’anno e la grande maggioranza relativa è quella dei cittadini afroamericani, a cui si chiede sottomissione immediata. Quando questa non avviene si passa alla forza letale. Questo è noto. Oggi però lo sfondo è decisamente diverso ed è difficile non individuare nella presidenza di Trump l’elemento dirimente di quello che sta accadendo oggi.
Da un lato c’è una sorta di restaurazione bianca che fa parte della narrazione trumpista e della retorica di questa amministrazione fin dall’inizio. Dall’altro c’è un fenomeno ancora più ampio, la sensazione di un capitalismo che è sempre più instabile e sempre meno capace di supplire alle esigenze reali di un Paese. Tutto questo si è stagliato in maniera molto più chiara di sempre con la crisi del coronavirus. È diventato evidente a tutti che questo tipo di liberismo esasperato, di ideologia dello Stato minimo, era la meno adatta a fare fronte a questo tipo di crisi nazionale che richiedeva, invece, intervento e solidarietà. Ha esasperato le cause sottostanti e quindi quelle sommosse avvengono sullo sfondo di una crisi che ha esasperato quella disuguaglianza che era già abissale, la disuguaglianza economica e sociale. Queste sommosse avvengono sullo sfondo di una società che vede, per esempio, un tasso di mortalità triplo tra gli afroamericani per via del coronavirus.
Questo ha prodotto questo tipo di rigurgito che contiene tutta la rabbia che era evidente anche in altre precedenti sommosse, ma anche di più. E quindi quando si critica, come fa il Presidente, i facinorosi che vogliono solo saccheggiare i negozi non si riconosce che ci sono delle cause precise: il Paese ha 40 milioni di persone che hanno perso il lavoro negli ultimi due mesi e questo conferma che c’è un grande e abissale disagio che serpeggia in questa società e non sembrano intravedersi delle risposte precise.
I democratici come si stanno relazionando con questa protesta?
Si stanno rapportando con molta difficoltà. Mancano i leader, non c’è un leader carismatico delle proteste, manca un Martin Luther King. L’ultima volta che c’era stata una cosa simile, pur se minore, è stato dopo l’assassinio di Martin Luther King, in cui molte città si sono sollevate. Oggi manca una figura di quel tipo. Il vuoto è sì della leadership ufficiale – il Presidente che è scomparso dalla scena – ma anche Biden non si è spinto molto oltre le dichiarazioni di generica solidarietà e di invito alla calma. Ci si chiede, ad esempio, che differenza avrebbe potuto esserci se ci fosse stato un Bernie Sanders, un leader ben più carismatico che sui settori giovanili e multietnici, che sono in gran parte quelli che sono oggi in piazza, aveva un’influenza maggiore. Il Paese è un po’ allo sbando. La gestione della crisi è affidata ai sindaci, ai governatori, ai procuratori locali e agli stessi capi di polizia ed è francamente sorprendente che non ci sia stato un esito peggiore. La situazione non accenna ancora a cambiare e questa rimane una tragica e preoccupante possibilità. Serve una direzione e ancora non si intravede chi la possa imprimere.
Foto dalla pagina Facebook Black Lives Matter Sacramento