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Tratto dal podcast
Prisma di mer 29/04 (prima parte)
Coronavirus | 2020-04-29
Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità (ISS) commenta ai microfoni di Radio Popolare le tappe della fase 2 e le polemiche esplose in questi giorni dopo la conferenza stampa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sulle riaperture.
L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni a Prisma.
Come commenta la decisione del governo di dare il via alla fase 2 a partire dal 4 maggio?
Dalle simulazioni che si possono fare utilizzando modelli matematici traspare come questo virus, se non tenuto sotto controllo, è in grado di correre velocemente tra la popolazione, come ha già fatto nella prima fase dell’epidemia. Grazie al lockdown completo, un provvedimento pesante e doloro anche economicamente, dei risultati sono stati ottenuti per diminuire la velocità della circolazione nelle Regioni più colpite e per preservare le Regioni del centro-sud meno colpite. Questo è accaduto perché si è intervenuti col lockdown. Quando si fanno delle riaperture è chiaro che ci sono dei rischi. Questo deve essere bene evidenziato. Quando sento qualcuno che insiste per riaprire le scuole e riaprire tutto bisogna vedere bene qual è il rischio. Abbiamo già visto che la Germania ha riaperto e si è trovata in una situazione in cui la trasmissione è aumentata e adesso stanno valutando cosa fare. È chiaro che queste riaperture vanno fatte, ma è anche vero che bisogna usare molta cautela.
Qual è lo scenario con le riaperture decise dal governo?
Vedo che ci sono come al solito tante polemiche. Ci si lamenta perché da una parte le aperture sono troppo timide e dall’altra perché magari si permette ai nipoti di visitare i nonni. Le critiche vanno in diverse direzione, ma è chiaro che tutto quello che si decide può essere criticabile e opinabile. Secondo me non è però criticabile la gradualità delle riaperture: fare tutto subito potrebbe comportare dei rischi troppo elevati.
Lei dà per scontata la ripresa dei contagi dopo il 4 maggio?
È possibile, non so quanto sia probabile. Nessuno può escluderlo e molto dipenderà anche dai comportamenti dei singoli cittadini. La raccomandazioni fatte restano in piedi e l’aderenza a quelle raccomandazioni sarà fondamentale. Io credo che bisognerebbe evitare un secondo lockdown completo del Paese, ma zone rosse e chiusure di aree del territorio si stanno facendo già ora in molte Regioni del nord e del centro-sud. Queste si potranno fare benissimo con ordinanze regionali. Io sono sempre stato favorevole alla politica delle zone rosse perché tendono a circoscrivere i focolai sul nascere e a ridurre il rischio della diffusione.
Quale sarà il criterio per imporre nuove zone rosse?
Quello che si sta già facendo. Nel Lazio, per fare un esempio, ci sono state almeno 5 o 6 zone rosse. Sono dei provvedimenti a termine, in genere vengono meno dopo 14 giorni. Sono zone in cui non si entra e da cui non si esce. Ce ne sono diverse anche in Calabria, ne abbiamo avute anche in Basilicata e in Emilia-Romagna. Spero che questo sia sufficiente a contenere sul nascere i focolai.
Nel momento in cui si riapriranno le attività produttive, queste sposteranno dei lavoratori. Io penso che all’interno di fabbriche e luoghi di produzione in cui è necessaria la presenza del lavoratore debba essere obbligatorio adottare dei provvedimenti di distanziamento sociale, fornire le mascherine e fare in modo che non si creino situazioni in cui il virus possa circolare liberamente. Anche il problema dei trasporti è molto importante. Continuando per quanto possibile col telelavoro si decongestioneranno i mezzi pubblici e si potrà permettere una distanziamento fisico anche sui di essi. Quello è fondamentale. Non dobbiamo guardare solo le condizioni di sicurezza sui posti di lavoro, ma anche a bordo dei mezzi pubblici.
C’è un piano sanitario aggiornato per la fase 2?
Per quanto riguarda la strategia di testing c’è un indirizzo a fare tamponi in maniera mirata sulle persone sintomatiche, ma anche a fare il contact tracing e fare test anche ai contatti. Si sta elaborando una strategia per cercare di aumentare anche il personale dei dipartimenti di prevenzione dei distretti sanitari locali. Questo sarà fondamentale per tenere sotto controllo il territorio.
Esiste l’immunità al coronavirus?
Probabilmente sì. Se si è positivi alla presenza di anticorpi, probabilmente quegli anticorpi saranno protettivi. Mancano ancora delle evidenze definitive e ci vuole uno studio a lungo termine per vedere se ciò è vero e per quanto a lungo quegli anticorpi possono essere protettivi.
In questa fase i test sierologici sono utili?
Bisogna saperli usare, interpretare e avere un obiettivo quando si fanno.
Foto dalla pagina Facebook dell’Esercito Italiano