- Play
-
Tratto dal podcast
Memos di mer 29/04
Coronavirus | 2020-04-29
“Abbiamo un’occasione straordinaria, derivante da questa situazione drammatica, di superare le classi pollaio. Dobbiamo andare verso classi di dieci bambini”. È un passaggio dell’intervista a Patrizio Bianchi fatta oggi a Memos da Raffaele Liguori.
Patrizio Bianchi è un economista industriale. È stato rettore dell’Università di Ferrara e ha fatto parte della prima giunta regionale emiliano-romagnola di Stefano Bonaccini come assessore all’istruzione e al lavoro.
Da una decina di giorni Patrizio Bianchi è il coordinatore del comitato di esperti istituito presso il Ministero dell’istruzione che deve indicare modi e criteri sulla riapertura delle scuole a settembre.
Avete tre mesi di tempo per organizzare la riapertura delle scuole. Quali sono le linee guida su cui intendete muovervi?
Dobbiamo aver chiaro chi abbiamo di fronte: otto milioni di persone che vanno dai 6 anni ai 18 anni. A questi bisogna aggiungere quelli da 0 a 6 anni, le scuole paritarie e la formazione professionale, più un milione tra insegnanti e personale tecnico ai quali dobbiamo aggiungere anche tutte le famiglie. Stiamo parlando di tutto il Paese. E, ovviamente, abbiamo delle situazione diverse: un conto sono i ragazzi di 18 anni, un conto sono i bambini di 6 anni.
Noi stiamo facendo una riflessione che non si accontenta del “meno peggio”. Stiamo tentando di pensare di mettere la nostra scuola nella possibilità di sperimentare delle forme diverse di formazione e di istruzione. Forme diverse e diversificate perché diversa è la situazione dei bambini, così come diversa è la situazione dei più grandi.
Certamente ci vuole presenza, ma questo non vuol dire che sarà la presenza di prima, cioè quell’immaginario in cui eravamo tutti seduti al nostro banco e guai a copiare. Oggi la scuola è la capacità di stare insieme.
Noi useremo al meglio l’esperienza drammatica di questo periodo e la nostra idea è quella di tornare a scuola diversa da quella di prima, anche inducendo la scuola ad uscire dalla scuola. Questo vuol dire anche portare i bambini a sperimentare delle tecniche nuove di comunicazione e anche a conoscere di più il territorio in cui vivono.
A cosa si riferisce quando parla di tecniche di comunicazione?
In questo periodo siamo diventati tutti digitali in fretta e furia. Stiamo tutti saltellando da una piattaforma all’altra e se qualcuno ci avesse detto sessanta giorni fa che avremmo potuto usare tutti questi strumenti non ci avremmo creduto. Questo non è l’uso del digitale, questa è una scuola in presenza che è stata forzata a diventare una scuola a distanza. Una scuola digitale, invece, è una scuola che permette di usare tutti gli strumenti che la tecnologia ci permette di utilizzare.
Finora abbiamo sperimentato soltanto le lezioni in presenza trasferite su questo mezzo. E questo ha creato molte diseguaglianze. Noi, invece, dobbiamo immaginare che sia la scuola ad allinearsi con la possibilità di poter usare tutti gli strumenti. Faccio un esempio: i ragazzi di 15-16 anni giocano col computer orami da anni. Quei giochi al computer hanno insegnato loro tante cose che noi molto spesso non conosciamo neanche. Anche noi dobbiamo metterci con umiltà ad imparare quali sono le potenzialità delle nuove tecnologie a fini didattici.
Ci sarà una data unica per la riapertura delle scuole?
Devo precisare una cosa. L’apertura delle attività didattiche è materia di competenza delle Regioni. Sono le Regioni ad avere la responsabilità di aprire. Quando facevo l’assessore regionale ho sempre voluto precisare che è la Regione ad essere responsabile della data di apertura delle attività didattiche.
Possiamo dire che con l’emergenza sanitaria del coronavirus le classi pollaio non ci saranno più?
Il 1° settembre si apriranno le scuole e si insedieranno i consigli di istituto. I professori dovranno tutti essere pronti per la ripartenza. Abbiamo un problema dei recuperi di tutti coloro che quest’anno non sono riusciti a completare le attività, poi le Regioni in autonomia decideranno quando partire.
Abbiamo l’occasione straordinaria, derivata da questa situazione drammatica, di superare classi pollaio e abbiamo necessità di andare verso classi che ci vengono chieste dalla didattica moderna, di 10 bambini. Dobbiamo superare l’idea delle classi pollaio. È una cosa su cui ci siamo impegnando molto. Questo dovrà permettere di utilizzare tutti gli strumenti disponibili, ovviamente diversi in ragione dell’età degli studenti. I più grandi potranno affrontare una distanza più evoluta rispetto a quella classica, i più piccoli avranno bisogno di maggiore presenza. Noi abbiamo chiesto al governo di investire in maniera significativa in edilizia scolastica e abbiamo chiesto anche risorse per tutte le sperimentazioni didattiche che devono accompagnare questa fase. La scuola non si governa coi decreti legge, ma con l’entusiasmo delle persone e permettendo alle persone di poter lavorare nella pienezza della loro responsabilità.
Avete tempo fino a fine luglio per elaborare le vostre proposte.
Noi abbiamo ben chiaro che dobbiamo comunicare col Ministro dell’Istruzione man mano che operiamo. Alla fine ci sarà un rapporto finale, ma quello che vogliamo mettere in evidenza è che, se dobbiamo riaprire a settembre, non possiamo aspettare il 1° agosto per iniziare a organizzarsi. Bisogna partire adesso. Fin da subito abbiamo indicato al Ministro la necessità di mettere subito a bilancio risorse per l’edilizia e risorse per le sperimentazioni didattiche, così come stiamo dicendo al Ministro che deve fare subito una serie di operazioni per permettere, ad esempio, che ci siano tutti gli insegnanti pronti il 1° settembre. Giorno per giorno comunichiamo al Ministro i ritorni del nostro lavoro.
Lei, da economista, si è fatto un’idea della somma che occorre reinvestire nel sistema dell’istruzione e della scuola?
Sono anni che non si investe a sufficienza in questo Paese e sono anni che abbiamo una scuola con situazioni insostenibili. In molte regioni del Sud quasi un ragazzo su tre non completava gli studi. Io credo che ci siano dei problemi legati agli insegnanti, le loro retribuzioni e il loro numero. Questo, però, non riguarda la nostra commissione, ma riguarda la contrattazione con le parti sindacali. Sicuramente c’è un investimento massiccio da fare nel tempo. Noi abbiamo chiesto un piano pluriennale di investimento in edilizia scolastica e in attrezzature scolastiche. Dall’altra parte, però, c’è la necessità di dare immediatamente al governo le condizioni per poter permettere di riaprire le scuole con un fondo aggiuntivo, non sostitutivo, solo per le attività didattiche.