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Tratto dal podcast
Prisma di mer 22/04 (seconda parte)
Coronavirus | 2020-04-22
Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e componente del Comitato tecnico scientifico che da settimane sta consigliando il governo di Giuseppe Conte sulle misure da adottare in questo momento di emergenza, è intervenuto a Prisma per fare il punto della situazione e illustrare cosa potrebbe succedere nelle prossime settimane, anche alla luce degli esempi di altri Paesi, dai nuovi micro-focolai che saranno inevitabili per tutto il periodo di convivenza col virus.
L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni.
Qual è la fase che state osservando in questo momento?
C’è finalmente una curva che tende al basso per quanto riguarda la diffusione delle patologie legate al coronavirus. Questo è indubbio, era stato predetto e si sta avverando con estrema lentezza viste le caratteristiche del virus e delle nostre comunità. È una curva in discesa che va consolidata. Questo è il momento in cui è molto difficile mantenere le misure di contenimento e di isolamento. È evidente a tutti. È il momento in cui si cerca di ripartire e di riaprire, ma non è il momento “tana libera tutti“. Quello che il governo ha messo in atto sta avendo successo, anche se caratterizzato da differenze regionali determinate dall’impatto della prima ondata virale.
Devo dire che abbiamo dei riscontri, come a Singapore per fare un esempio, dove la disciplina non è stata rispettata in maniera rigida e dove sembra che l’epidemia stia riprendendo forza, tanto è vero che Singapore ha ripristinato il lockdown fino al 1° giugno.
Questo è un elemento che va valutato con estrema attenzione per quanto riguarda la nostra popolazione. Bisogna fare moltissima attenzione in questo momento e non distrarsi. Le misure che il governo deciderà per le riaperture saranno rigide e improntate ad una valutazione molto dettagliata di quali sono le probabilità di rischio ed esposizione. Le istruzioni andranno seguite con estrema attenzione da parte dei cittadini.
Lei ha dichiarato che nuovi focolai saranno inevitabili. Cosa succederà in quei casi?
La terminologia esatta è micro-focolai. Ci aspettiamo sicuramente dei casi sporadici, è inevitabile dato l’andamento del virus, ma la cosa importante è che questi micro-focolai a livello familiare o di comunità possano essere identificati immediatamente e affrontati tempestivamente con un provvedimento di quarantena. In questo modo si riuscirà ad evitare che questi micro-focolai possano diventare un motore di ripresa del contagio. Questo non ha niente a che vedere con le misure prese: un andamento epidemico di questo tipo è caratterizzato da questi micro-focolai. Il nostro è un sistema assai adeguato e molto forte e che adesso deve mirare all’intensificazione della sorveglianza comunitaria, col coinvolgimento della medicina di base e un rafforzamento dei dipartimenti di prevenzione. Fa tutto pare del piano che il Ministro Speranza sta mettendo in atto.
Un esperto di medicina qui in Lombardia ci ha fatto ieri due esempi di particolare attenzione da avere nella fase 2: i malati cronici e i nuovi sintomatici. Queste, diceva, saranno le due fasi critiche di tutte le politiche di medicina sul territorio che ci troveremo davanti. Lei cosa ne pensa?
Direi di sì. Questo è un virus che colpisce le debolezze e le vulnerabilità, colpisce le multipatologie e colpisce gli anziani. Sappiamo chi deve essere protetto in modo particolare e credo che la gestione sarà esattamente come ha detto il collega. Dovrà essere orientata soprattutto alla protezione di queste persone.
Molti ascoltatori ci scrivono in questi giorni con una certa apprensione a proposito della possibilità della riapertura anche per fasce di età, con le persone più a rischio che potrebbero dover rimanere a casa ancora più a lungo. Voi, come comitato tecnico scientifico, state caldeggiando questa possibilità?
Questa è la situazione, non è che possiamo modificarla più di tanto, e il governo è pienamente ricettivo. C’è un dialogo continuo e una trasmissione costante di evidenze sulla base delle quali devono poi essere prese delle decisioni precisi. Si tratta di un riavvio al lavoro, di un riavvio di attività comunitarie e di un riavvio di attività commerciali. Ci sarà un’esposizione inevitabile al contagio finché non avremo un vaccino. Si tratta di valutare di volta in volta le decisioni da prendere, ma credo che una autotutela da parte dei cittadini sia indispensabile: la conoscenza esatta dei meccanismi di trasmissione e come ci si deve proteggere fanno parte del kit di protezione che tutti abbiamo. Abbiamo già fatto e stiamo facendo sacrifici enormi, sprecare tutto per andare a prendere una boccata d’aria senza protezione e senza considerare il rischio a cui ci si espone sarebbe davvero un peccato e manderebbe all’aria provvedimenti e sacrifici veramente giganteschi.
Il direttore generale dell’OMS ha lanciato un allarme, un avvertimento che già più volte non è stato ascoltato: “Sbaglia chi pensa che il peggio sia alle spalle. Il peggio deve ancora venire“. L’allarme è stato confermato anche oggi dal CDC negli Stati Uniti. Ci spiega quelle parole?
È ovvio che Ghebreyesus si rivolge al Mondo, non ad un Paese in particolare. L’epidemia ha una progressione che è stata particolarmente rapida nel nostro Paese, mentre ha apparentemente esitato in altri Paesi europei. Questo sta accedendo adesso in altri Paesi, dall’America Latina all’Africa, in aree in cui i sistemi sanitari sono molto più deboli rispetto ai nostri. Io continuo a ripetere a tutti i miei colleghi di guardare dall’Italia. L’Italia è il loro futuro e devono leggere la situazione italiana come predittiva di ciò che accadrà anche alle loro latitudini.
Foto dalla pagina Facebook Salute Lazio